Miei cari amanti dell’horror,
Halloween 2018 è appena trascorso e sono certa che come la sottoscritta avrete avuto modo di rispolverare qualche bel classico sanguinolento. Nel contempo, nelle sale, come ben saprete, troverete ancora l’ultimo capitolo – precisamente l’undicesimo – della saga del nostro affezionatissimo Michael Myers, Halloween diretto e co-sceneggiato da David Gordon Green e prodotto dalla Blumhouse.
Ebbene, cosa aspettarsi da questo ennesimo sequel, a quarant’anni di distanza dal leggendario slasher movie capostipite? Prima di giungere al nocciolo della questione, vediamo di rinfrescarci un po’ la memoria.
Nel 1978 John Carpenter e Debra Hill diedero vita al personaggio di Myers, assassino della sorella Judith in tenera età, paziente al manicomio di Smith’s Grove e in seguito assassino di ragazzini dai bollenti spiriti nella sua città natale, Haddonfield. L’unica scampata al massacro fu Laurie Strode, icona verginale ed eroina senza tempo, interpretata dalla splendida Jamie Lee Curtis, vera e immortale Scream Queen: la pura Innocenza contro il puro Male. Solo nel secondo capitolo, Halloween II – Il signore della morte (1981) si scoprì che Laurie era la sorella minore di Michael e che il killer ne era alla ricerca per eliminarla. Il confronto tra i due, interrottosi nei successivi sequel – dove la protagonista era la figlia di Laurie, Jamie – venne ripreso esattamente vent’anni dopo, nel 1998, quando la donna era riuscita a rifarsi una vita e a cambiare nome, inutilmente. Dopo la sottotrama del Culto della Spina, responsabile dell’immortale sete di sangue di Michael e il film flop del 2002 (Halloween – La resurrezione), arrivò il reboot firmato Rob Zombie, Halloween – The beginning (2007). Con il suo consueto stile, Zombie si impegnò a fondo a sguazzare nel disagio e – passatemi il termine – nello schifo e diede la sua interpretazione della storia, indagando nell’infanzia difficile del piccolo Michael, quasi a voler trovare un barlume di motivazione psicologica a tanta ferocia. Ma The Shape, si sa, è il Male e possiamo tranquillamente concludere che non vi siano ragioni di nessuna sorta che tengano, compresa l’interpretazione classica molto in voga negli studi di genere nel cinema horror, secondo la quale i serial killer della grande stagione anni Settanta/Ottanta vadano alla ricerca di vittime sessualmente attive per “punirle” e soccombano sotto i colpi delle vergini (ricordate le regole dei film horror del primo Scream?). Questo concetto di impenetrabilità si rifà alla trovata narrativa più interessante del nuovo Halloween, dove una coppia di giornalisti e il nuovo psichiatra di Smith’s Grove, il dottor Sartain, tentano di indagare e sondare la mente diabolica di Michael, senza ottenere risultati e avendo ovviamente la peggio.
Tornando alla questione iniziale, come dicevamo: cosa bisogna aspettarsi dall’undicesimo episodio targato Green? Oltre allo stesso Michael di sempre, fuggito dal manicomio per il suo anniversario e intento ad eliminare chiunque gli si pari davanti, troviamo una Laurie inedita, invecchiata, traumatizzata, alcolizzata, rinchiusasi volontariamente in solitudine e dunque allontanatasi dalla figlia Karen, sposata e con una figlia adolescente, Allyson. Eppure, come successe per la Sarah Connor di Terminator 2, Laurie nel frattempo si è preparata a combattere, ha imparato a usare le armi, ha reso la sua casa un misto tra un bunker e un arsenale, ed è dunque pronta a difendersi dagli attacchi di Michael, che si aspetta da un momento all’altro. Il procedere degli avvenimenti potrete ben immaginarlo, ma il tutto avviene indipendentemente dai vari sequel, i cui risvolti narrativi vengono completamente ignorati, compreso il legame di parentela tra Michael e Laurie.
Halloween, come già detto, vede Jason Bloom, il Re Mida del cinema horror contemporaneo, alla produzione, il ritorno della Curtis nel ruolo di Laurie e di Nick Castle in quello di Michael, ma soprattutto gode del benestare del Maestro Carpenter, in vesti sia di produttore esecutivo che di autore della colonna sonora (sì, quella storica ma con qualche guizzo moderno). Proprio per queste ragioni, probabilmente, nei titoli di testa vedrete una Jack-o’-lantern rimpolparsi dal proprio marciume, come a dire: «Vedi spettatore? La saga di Halloween è resuscitata per tornare agli antichi splendori». Grave pecca di presunzione, perché obiettivamente, al di là della presenza della protagonista, quest’ultimo capitolo non lascia granché: poco sangue, nessun jump scare, nessuna trovata interessante, situazioni trite e ritrite e il cadavere di qualche adolescente insignificante che nessuno rimpiangerà. Inoltre, il citazionismo sparso qua e là, come la precisa ricostruzione Haddonfield e il modus operandi degli omicidi copiati di sana pianta dal primo film, non basta di certo ad alzare il picco di entusiasmo cinefilo. Cosa dire inoltre sui personaggi di Karen e Allyson? Insignificanti e poco valorizzati, nonostante l’idea delle tre generazioni delle donne di casa Strode poteva essere interessante e originale. Insomma, se non ci fosse la cazzutissima Laurie, unica impegnata a fermare Michael dopo la scomparsa del dottor Loomis, non varrebbe proprio la pena di entrare in sala.
Cosa dire dunque della nuova veste di uno dei serial killer più amati e temuti della storia del cinema? Che purtroppo non tutti i quarantenni portano bene la loro età.
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