Tra i personaggi più controversi degli ultimi decenni di storia americana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha più volte fatto dichiarazioni che hanno messo in dubbio l’integrità della sua salute mentale. Al suo esordio nel cinema documentario, Dan Partland dirige #unfit – The Psychology of Donald J. Trump, nel quale tenta di illustrare la tesi che vede Trump come un narcisista maligno, inadatto al ruolo che attualmente detiene. Lo fa avvalendosi di interviste a psicologi e psichiatri di fama, analisti politici ed ex collaboratori del presidente.
#unfit è dinamico e variopinto nel suo trattare la questione. Alle interviste e ai filmati di repertorio sono affiancati segmenti animati che, nel loro essere decisamente sopra le righe, si sposano alla perfezione con il carattere quasi cartoonesco di Trump. L’idea di formulare una diagnosi su un soggetto senza che questi abbia affrontato il percorso di analisi potrebbe sembrare una scorrettezza; già dai primi minuti il film ci fa ascoltare le voci di chi al tempo delle elezioni del 2016 si lamentò della pratica. Gli psicologi intervistati tuttavia sono certi della legittimità dei propri giudizi, basandosi sul fatto che nelle dichiarazioni pubbliche il presidente abbia meno possibilità di mentire e dia un’immagine più chiara del suo comportamento, fornendo inoltre molto più materiale da interpretare.
#unfit offre al pubblico una varietà di riflessioni che va ben oltre l’analisi della psicologia di Trump. Il profiling psicologico del capo di stato e le nozioni necessarie per affrontarlo sono infatti solo la punta dell’iceberg di un documentario che ragiona su tutta la società americana contemporanea. L’aver intervistato anche gli ex collaboratori del presidente ha permesso di creare un quadro più ampio della questione, spostando il focus sull’elettorato che lo ha portato alla vittoria. Un elettorato composto da persone insoddisfatte e umiliate da una vita sempre più opprimente, in cerca di una soluzione al loro disagio. Persone che sarebbe forse più sensato cercare di comprendere piuttosto che denigrarle con la faciloneria del commentatore medio da social.
Resta il fatto che le azioni di Trump, al di là dei giudizi emessi dagli esperti intervistati, lo qualifichino come un politico palesemente disonesto e portatore di valori malsani. Ecco allora che si pone l’enfasi sul miglior modo di contrastare la sua aura negativa: le proteste in strada. Contro un nemico dalla presenza mediatica capillare e schiacciante, mettersi fisicamente in gioco per difendere gli ideali di giustizia sociale erode sempre più la presa del maligno istituzionale. In questi ultimi drammatici giorni, è un messaggio più potente che mai.
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