Ospite del Biografilm 2019, dove ha ricevuto ieri sera il Celebration of Lives Award, l’attore francese già prediletto da Éric Rohmer e Coppa Volpi a Venezia ha incontrato oggi la stampa dove ha parlato dei due film presenti al Festival, ALICE ET LE MAIRE e LE MYSTÈRE HENRY PICK.

Cosí come aveva già fatto con il pubblico ieri sera ritirando il Celebration of Lives Award del Biografilm 2019, Fabrice Luchini è tornato oggi a divertire e conquistare, con il suo talento istrionico, i giornalisti presenti all’incontro durante il quale si è soffermato sulle due pellicole presentate al Festival, ALICE ET LE MAIRE di Nicolas Pariser che uscirà in Italia distribuito da Movies Inspired e su LE MYSTÈRE HENRY PICK di Rémi Bezançon che uscirà in Italia con il titolo CHI L’HA SCRITTO? IL MISTERO HENRI PICK, distribuito da I Wonder Pictures.

L’attore già Coppa Volpi alla Mostra del  Cinema di Venezia 2015 per La corte, ha esordito con parole di elogio per il regista di quest’ultimo, Rémy Bezançon, presente all’incontro: “Lui ha veramente un modo molto particolare di lavorare sul set, è in grado di creare un’atmosfera unica che fa sì che tutte le energie di coloro che collaborano alla realizzazione del film diano origine ad un’energia ancora più grande. Ha la capacità di dimenticare se stesso nel momento in cui dirige creando, naturalmente, delle connessioni tra tutti gli elementi che compongono la materia di un film. Tutti noi attori abbiamo dimenticato che stavamo lavorando”.

Sulla scelta dell’attore già prediletto da Éric Rohmer e da altri grandi registi, Bezançon ha dichiarato: “Il film è un adattamento di un romanzo e, dopo averlo letto, ho immediatamente immaginato Luchini nel personaggio del critico letterario. Ho quindi scritto la sceneggiatura immaginando lui nei panni di questo personaggio. D’altronde Fabrice Luchini è forse l’attore che, noi francesi, colleghiamo più strettamente alla letteratura. Anche quando calca le scene in teatro ama spesso leggere dei testi letterari. E credo che non esista un altro attore in Francia in grado di improvvisare una scena in cui imita Marguerite Duras!”.

Ad una domanda sulle affinità tra i due film presentati al Biografilm, Luchini si è dichiarato piacevolmente sorpreso. “È vero, c’è un legame al quale non avevo assolutamente pensato. In effetti si può dire che il personaggio che interpreto in ALICE ET LE MAIRE, quello di un sindaco in crisi, viene salvato, in qualche modo, da un Henri Pick, perché quest’ultimo incarna una certa idea della letteratura, un’idea alta a tal punto da desiderare di spezzare i meccanismi commerciali che spesso creano i fenomeni letterari, per cui può esistere un pubblico pronto a credere che un pizzaiolo bretone sia stato in grado di scrivere un romanzo di tale spessore. Quando abbiamo iniziato a lavorare su LE MYSTÈRE HENRY PICK ci chiedevamo proprio come riuscire a rendere credibile l’aspetto di un uomo che è talmente innamorato della letteratura da rifiutare un sistema che, invece, trasforma l’opera letteraria in un prodotto da commercializzare”. “Il film” – ha proseguito – “ha anche un aspetto ludico e godibile, che ci fa scoprire la Bretagna sotto un’altra luce mentre ALICE ET LE MAIRE parla di un uomo politico che, in qualche modo, non trova più la motivazione per quello che fa e viene salvato da una riflessione filosofica”.

Sulla differenza tra i due registi: “Nicolas Pariser è più austero, proviene da una scuola autoriale differente, è un discendente di Rohmer e di Sacha Guitry e quindi ama le inquadrature fisse e i film pieni di dialoghi. Remy Bezançon invece ha un colore particolare, una grande fluidità. Sono stato felicissimo di poter lavorare con due autori così  diversi”.

Dopo avere interrotto più volte l’incontro producendosi in un italiano tanto improbabile quanto esilarante (“Il mio italiano è limitato perché penso sempre che sia simile al francese ma ovviamente non è cosi”), Luchini ha anche fatto una dichiarazione d’amore per il nostro paese: “Gli italiani sono un popolo sublime, amo il vostro piacere di vivere, la vostra simpatia, il vostro umorismo, la ricchezza di tanti uomini eleganti e di donne affascinanti. Qui è molto diverso presentare un film, rispetto ad un paese come la Svezia. Una volta un omosessuale che si era stranamente innamorato di me mi ha detto che io incarno il meglio della Francia e il meglio dell’Italia. Nel vostro caso si riferiva alla mia gestualità e al calore che trasmetto”.

Cosa pensa Fabrice Luchini dei critici cinematografici? “Non ci sarà mai una soluzione definitiva sul rapporto tra un artigiano e coloro che commentano il lavoro dell’artigiano. Quando questi hanno uno sguardo benevolo, la tendenza dell’artigiano è quella di amarli, quando schiacciano e annientano l’artigiano c’è la tendenza ad amarli un po’ meno. La posizione ideale sarebbe quella di non leggere mai né le critiche buone né le cattive ma purtroppo è come il marxismo: un ideale. Nella mia vita io ho avuto due grandi critici di teatro che mi hanno aiutato nel mio percorso, ma molti altri si sono accontentati di emettere opinioni senza argomentarle, opinioni che erano o eccessivamente benevole o eccessivamente cattive. Quando i critici parlano bene di te, generalmente parlano male di quello che hai fatto prima… Detto questo io penso sempre che sia molto positivo che esista la critica”.

“Ma io mi aspetto che una critica sia costruttiva” – ha aggiunto Bezançon – “non sopporto quando un critico si permette di dire che un film gli è piaciuto o non gli è piaciuto, non è quello il suo ruolo. La professione del critico non esiste perché egli esprima una opinione personale, deve esserci una costruzione, un’analisi dell’opera. Coloro che con due battute su Twitter esaltano o demoliscono un film mi irritano profondamente. La critica esiste per aiutarci a capire.”

E Luchini: “Quel tipo di critica non esiste più. Quando ancora scrivevano sui Cahiers du Cinema, François Truffaut ed Éric Rohmer non si sono mai permessi di dire che amavano o non amano un film. Viviamo in un’epoca di decadenza assoluta.

Rispondendo infine ad una domanda se ci fosse qualche differenza nell’aver lavorato con Rohmer o Costa-Gavras rispetto ai registi di oggi, Fabrice Luchini non ha avuto esitazioni: “No, nessuna. Perché tutti i registi sono all’opera prima quando iniziano un film, non esiste mica un brevetto di anzianità in questo mestiere!”.

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