Per i 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
sabato 9 luglio, Sala Grande Palazzo del Cinema, Lido di Venezia (ore 21) 

due capolavori della prima edizione del 1932:
•Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini
•Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens /
Anche Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone (1-8 ottobre) renderanno omaggio ai 90 anni della Mostra di Venezia con i 4 film muti della prima edizione, tra i quali Regen

La giornata di celebrazione (sabato 9 luglio) dei 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, si concluderà con la proiezione di due capolavori della prima edizione del 1932.
Il programma dalle ore 21.00 prevede, nella storica Sala Grande (Palazzo del Cinema) al Lido, Gli uomini, che mascalzoni… la più famosa commedia del grande regista Mario Camerini (Italia, 1932, 66’), con Vittorio De Sica, alla presenza della figlia del regista Manitta Camerini, preceduto dal documentario muto Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (Olanda, 1929, 12’), una delle quattro pellicole mute di quella prima edizione della Mostra.
Alla serata sarà invitato il pubblico di Venezia attraverso la collaborazione con i quotidiani Il Gazzettino, La Nuova di Venezia e Mestre e il Corriere del Veneto. Per assistere gratuitamente alla proiezione in Sala Grande al Lido, il pubblico interessato potrà collegarsi al sistema di prenotazione online dei posti in sala della Biennale sul sito www.labiennale.org, visualizzando con il proprio smartphone i QR Code pubblicati da martedì 5 a venerdì 8 luglio sui quotidiani Il Gazzettino, La Nuova di Venezia e Mestre, e il 6 e il 7 luglio sul Corriere del Veneto. Le prenotazioni saranno possibili fino a esaurimento dei posti riservati a ciascuna testata.

Gli uomini, che mascalzoni…, il primo film italiano della Mostra
Gli uomini, che mascalzoni… di Mario Camerini (copia della Cineteca Nazionale, Roma), fu il primo film italiano presentato alla Mostra del 1932, l’11 agosto. Era anche già stato annunciato come film d’apertura della prima edizione, in occasione della serata inaugurale del 6 agosto. Invece un comunicato stampa del 4 agosto diede notizia di una variazione di programma: “L’inaugurazione della I. Esposizione Internazionale d’arte cinematografica, fissata per le ore 21.15 di domani sabato, 6 agosto, sulla Terrazza a mare dell’Excelsior al Lido, avverrà con il grandioso film nordamericano Dr. Jekill and Mr. Hyde di edizione Paramount, anzichè con Gli uomini, che mascalzoni… di edizione Cines-Pittaluga.” 
Gli uomini, che mascalzoni… è l’opera più celebre del maestro Mario Camerini e una delle sue migliori, un capolavoro della commedia sentimentale. Prodotto dalla Cines e sceneggiato da Aldo De Benedetti e Soldati oltre che da Camerini, ebbe come interprete il giovane Vittorio De Sica, che v’incontrò il suo ‘primo’ personaggio, quello del giovanotto vanitoso e farfallone. De Sica, fino ad allora attore di teatro leggero, qui canta, rendendola celebre, la canzone Parlami d’amore Mariù.  Il film, che ha come protagonista femminile la “meteora” Lya Franca, rappresentò un’importante innovazione nel cinema italiano dell’epoca per la scelta rivoluzionaria di girare in esterni, alla Fiera di Milano, invece che nei teatri di posa. Il film descrive una Milano industriale, costellata dai segni della civiltà dei consumi, con un’aderenza alla realtà dell’Italia di quegli anni che sembra prefigurare il Neorealismo.

Regen, uno dei quattro film muti della Mostra del 1932
Una delle pietre miliari del cinema documentario e d’avanguardia, definito un “cine-poema”, il cortometraggio muto Regen (Pioggia) di Mannus Franken e Joris Ivens (copia dell’EYE Filmuseum, Amsterdam), venne proiettato nella serata di chiusura della prima Mostra del 1932 (21 agosto). E’ un ritratto astratto, lirico e impressionistico di una città sotto la pioggia che utilizza tecniche narrative sperimentali, e che attraverso il montaggio crea una prospettiva di sintesi, pur dettagliando la minuta realtà con le sue sottili variazioni. Il grande documentarista olandese Joris Ivens, Leone d’oro alla carriera nel 1988, s’ispira alle avanguardie artistiche e ai grandi cineasti sovietici degli anni Venti, soprattutto a Dziga Vertov (“Io sono un occhio. Un occhio meccanico e sono in costante movimento!”) che gira nello stesso anno, siamo nel 1929, L’uomo con la macchina da presa, la giornata di un cineoperatore per le strade di Mosca. Il cortometraggio, per la proi
ezione a Venezia nel 1932, venne sonorizzato con una partitura di Lou Lichtveld. Successivamente Ivens adottò la partitura di Hanns Eisler (versione del 1941), artista esiliato a New York che dedicò il suo “Fourteen Ways to Describe Rain” al maestro Arnold Schönberg. Dopo diverse proiezioni, nel 1947 la versione sonora originale del 1941 divenne irreperibile. Per la copia di Regen, si ringraziano gli aventi diritto Laurence Berbon – Tamasa Distribution (Francia); Fons Grasveld – The Mannus Franken Foundation (Olanda).

I film muti della Mostra del 1932 alle Giornate del Cinema Muto di Pordenone (1-8 ottobre)
Ai 90 anni della Mostra del Cinema renderanno omaggio anche le Giornate del Cinema Muto di Pordenone, che nel corso della 41a edizione, in programma dal 1° all’8 ottobre prossimo, presenteranno nella sezione speciale “Venezia 90” i quattro film muti proiettati alla prima Mostra del 1932: oltre a Regen, il documentario etnografico Po horách, po dolách (Per monti e per valli) di Karel Plicka (Cecoslovacchia, 1930), il film di montagna Biały ślad (La traccia bianca) di Adam Krzeptowski (Polonia, 1932), appena restaurato dall’archivio nazionale polacco (FINA), e Tichij Don (Il placido Don) di Olga Preobraženskaja e Ivan Pravov (USSR, 1930), primo adattamento cinematografico del capolavoro di Šolochov. La rara copia di Tichij Don proviene, come Regen, dall’EYE Filmmuseum di Amsterdam. Si ringraziano Le Giornate del Cinema Muto di Pordenone per collaborazione in queste iniziative.

Il convegno sui 90 anni della Mostra alla Biblioteca ai Giardini
La giornata di celebrazione dei 90 anni della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia si aprirà al mattino (ore 10.30), con un convegno internazionale nella Biblioteca dell’Archivio Storico della Biennale (ASAC) ai Giardini. Dopo il saluto del Presidente della Biennale, Roberto Cicutto, sarà presentata – con un dialogo fra il Direttore della Mostra, Alberto Barbera e l’autore – l’edizione italiana della nuova Storia della Mostra del Cinema di Venezia scritta dal prof. Gian Piero Brunetta, frutto della collaborazione fra la Biennale e l’editore Marsilio.
Il convegno,  fino alle 18, vedrà la partecipazione di storici, critici e docenti e autorevoli testimoni sul valore dell’esperienza storica e culturale della Mostra del Cinema.

Esposizione sulla prima Mostra del 1932 (Ca’ Giustinian, Venezia)
A Ca’ Giustinian (sede della Biennale) a Venezia, sarà intanto aperta al pubblico (con inaugurazione venerdì 8 luglio) un’esposizione dedicata alla prima edizione della Mostra del 1932, realizzata con materiali dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale, quali documenti inediti, foto, manifesti, articoli d’epoca, manifesti, locandine, filmati.

Mario Camerini- Nota biofilmografica
Nato a Roma nel 1895, da Camillo, noto socialista, avvocato, originario di l’Aquila, e da Laura Genina, di famiglia altoborghese, iniziò a lavorare per il cinema dal 1913 come sceneggiatore. Successivamente divenne assistente alla regia di Roberto Roberti a cui si legò profondamente, diventando in futuro il padrino del figlio Sergio Leone.
Dopo l’esordio nella regia con Jolly (1923), Camerini si impose all’attenzione del pubblico e della critica, sul finire degli anni venti, con alcuni film muti fra cui Kif Tebbi (1928) e soprattutto Rotaie (1929), una drammatica storia d’amore presentata poco più tardi anche in Germania con notevole successo, che vide l’esordio dell’attore Guido Celano e che nel 1931 venne ridistribuito in versione sonora.
La gloria di Camerini è la sua “pentalogia piccolo borghese”, Gli uomini, che mascalzoni… (1932) con Vittorio De Sica e Lya Franca, in una Milano mai vista prima, T’amerò sempre (1933) con Elsa De Giorgi e Nino Besozzi e una sequenza iniziale d’antologia (alla Maternità neonati frignanti, lavati, incipriati, stretti nelle fasce a rotolo, catalogati come oggetti), Darò un milione (1935), con il duo cameriniano De Sica-Assia Noris, Il signor Max (1937) sempre con il duo De Sica-Noris, ambientato tra una Napoli popolaresco-borghese e la società frou-frou delle crociere di lusso, Grandi magazzini (1939), ancora con De Sica-Noris, per un idillio tra una commessa e un autista dipendente di un supermarket.
Senza dimenticare: Figaro e la sua gran giornata (1931), dalla commedia veneta di Arnaldo Fraccaroli “Ostrega che sbrego”, ritoccata con personaggi-macchiette e costumi di provincia saporosamente arguti alla Camerini, Come le foglie (1934) dall’omonima commedia di Giuseppe Giacosa, con Isa Miranda e Nino Besozzi, Una romantica avventura (1940) da un racconto di Thomas Hardy, con il trio Assia Noris-Gino Cervi-Leonardo Cortese, o I Promessi sposi (1940) dall’omonimo romanzo manzoniano, con Gino Cervi e Dina Sassoli.
Nel dopoguerra continuò a dirigere commedie romantiche, melodrammi sentimentali e film mitologici e d’avventura, tra cui La figlia del capitano (1947), tratto dall’omonimo romanzo di Puškin, con Amedeo Nazzari ed Irasema Dilian, e il kolossal Ulisse (1954), tratto dall’Odissea di Omero e interpretato da Kirk Douglas, Silvana Mangano e Anthony Quinn, che fu il campione d’incasso in Italia dell’annata 1954-1955.
La sua ultima opera è del 1972, un episodio della serie di Don Camillo (Don Camillo e i giovani d’oggi) con Gastone Moschin.

Joris Ivens – Nota biofilmografica
Nato a Nijmegen il 18 novembre 1898 e morto a Parigi il 28 giugno 1989. Autore di una cinquantina di documentari girati in ogni parte del mondo, va annoverato fra i documentaristi più noti e famosi. Il suo esordio nella regia sembra sia avvenuto con il western De brandende straal o De wigwan (1911, La freccia infuocata o La tenda indiana), girato a soli tredici anni in famiglia. Nel 1927, ad Amsterdam, fu tra i fondatori della Filmliga, un’associazione cinematografica organizzata attorno a uno dei primi cineclub, in cui si proiettarono, fra l’altro, film delle avanguardie europee.
Nel filone dell’avanguardia possono essere inseriti i suoi primi film lirico-documentari, De brug (1928, Il ponte), Branding (1929, Frangenti), Regen (1929, Pioggia), questi due realizzati in collaborazione con Mannus Franken. Invitato in Unione Sovietica da Vsevolod I. Pudovkin nel dicembre 1929, vi rimase tre mesi e vi tornò nel 1932 per realizzare Pesn′ o gerojach ‒ Komsomol (Il canto sugli eroi), un documentario sulla gioventù comunista. Questo soggiorno influì notevolmente sulla sua ideologia e poetica. Da questa esperienza nacquero le opere successive, in cui le questioni formali, mai trascurate da Ivens, risultarono subordinate ai problemi fondamentali della documentazione sociale e della critica ideologica. Così Misère au Borinage (1933), realizzato in Belgio in collaborazione con Henri Stork, oltre a essere un bellissimo saggio di cinema ‘puro’, è anche e soprattutto una descrizione vivida e polemica della condizione dei minatori belgi; mentre Nieuwe gronden (1934,
Nuova terra, basato in parte sul materiale del precedente Zuiderzee, 1930) affianca alle splendide sequenze sulla costruzione della diga una serie di immagini, commentata da una canzone di Bertolt Brecht e Hanns Eisler, che denuncia la crisi economica del tempo mettendone in luce le cause e le responsabilità politiche. I film seguenti furono ancor più legati all’attualità politica, impegnando direttamente l’autore e il pubblico in un dibattito ideologico non equivoco: da Spanish Earth (1937), sulla guerra civile spagnola, con commento e voce di E. Hemingway, a The 400 million (1938), sulle condizioni sociali della Cina, invasa dalle truppe giapponesi; da Power and the land (1940), sui problemi connessi all’elettrificazione delle campagne, a Our Russian front (1941), in collaborazione con Lewis Milestone, un ampio documentario di montaggio sulla guerra in corso sul fronte russo. Dopo il secondo conflitto mondiale venne inviato dal governo olandese in Indonesia, dove realizzò Indo
nesia calling (1946), parteggiando per l’indipendenza del Paese (contro le autorità olandesi). Nel 1947 si trasferì a Praga e nel 1957 a Parigi, dove incontrò Marceline Loridan, che divenne la sua compagna e collaboratrice. Intanto continuò a realizzare numerosi documentari un po’ dovunque, fra cui: Das Lied der Ströme (1954) sulla condizione dei lavoratori in varie parti del mondo; L’Italia non è un paese povero (1960), in collaborazione con Paolo e Vittorio Taviani e Valentino Orsini, film inchiesta sull’Italia meridionale; Le ciel, la terre (1965) e 17ème parallèle (1967), ambedue sul Vietnam e la guerra antiamericana; e soprattutto l’ampio film in dodici capitoli Comment Yukong déplaça les montagnes (1976), sulla società comunista cinese. In questo vasto panorama di opere ‘impegnate’ spiccano, per una loro ‘estraneità’ (almeno apparente), tanto da rifarsi ai primi saggi cinematografici del regista, La Seine a rencontré Paris (1957; Quando la Senna incontra Parigi), b
asato su un testo di Jacques Prévert e premiato come miglior documentario ai festival di Cannes e di San Francisco, À Valparaíso (1963), Pour le mistral (1965), ai quali si può aggiungere il film a soggetto realizzato in collaborazione con Gérard Philipe, che ne fu anche protagonista, Les aventures de Till l’Espiègle (1956; Le diavolerie di Till), un divertente e divertito spettacolo fantasmagorico, con risvolti populisti e genericamente socialisti. Questioni formali e spirito umanitario che si ritrovano nell’ultimo suo film, Une histoire de vent (1988; Io e il vento), in cui documentarismo e finzione si mescolano in un’opera di straordinaria suggestione poetica.

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