Tratto dall’omonimo podcast di Pablo Trincia, la nuova docu-serie Amazon Prime Originals riprende la storia, più attuale che mai, dei Diavoli della Bassa Modenese.

La docu-serie Sanpa è stato uno dei più grandi successi mediatici del 2020. Un successo che ha aperto un lungo dibattito ma soprattutto che ha reso mainstream, anche nel nostro Paese, il genere della docu-serie soprattutto per quanto riguarda il suo versante true-crime.

Tale successo non poteva lasciare indifferente la diretta concorrente di Netflix: la piattaforma Amazon Prime Video. La quale ha deciso di combattere il suo principale competitor nello stesso terreno. Un terreno che non è solo narrativo ma anche geografico in senso stretto.

Veleno infatti è ambientato “dall’altra parte del Reno” rispetto alla docu-serie Netflix, ma la sua sostanza è pressoché la stessa.

In entrambi i casi si parla di un’indagine che ha più di una sfaccettatura, e in cui i confini fra bene e male sono tutt’altro che chiari e definitivi.

I DIAVOLI DELLA BASSA MODENESE

Tra il 1997 e il 1998 in diverse zone della Bassa Modenese (nello specifico i comuni di Mirandola, Finale Emilia e Massa Finalese) la polizia preleva, dalle loro famiglie, 16 bambini.
La decisione viene presa a seguito di alcune denunce, da parte dei servizi sociali, che parlano di abusi sessuali compiuti ai loro danni e presunte “messe nere” nei cimiteri, a cui i bambini venivano condotti a forza dagli adulti.
Il fatto particolare è che molti di questi bambini non si conoscevano fra loro, né si erano mai visti. Ma ciascuno raccontava la stessa versione della storia, con gli stessi protagonisti. Serviranno 15 anni di indagini per stabilire che molte di queste testimonianze erano frutto di una vera e propria “illusione collettiva”, evidenziando anche alcune modalità non ortodosse nello svolgimento degli interrogatori e nella procedura del processo.
E tuttavia, a distanza di anni, permangono ancora parecchi dubbi sulla vicenda in questione.

Da qui parte l’indagine di Pablo Trincia, giornalista e autore televisivo per Le Iene, che, con la collaborazione della collega Alessia Rafanelli ha deciso di riprendere in mano questa storia. Nasce così Veleno, dapprima podcast di successo poi libro-inchiesta e, da quest’anno, docu-serie diretta da Hugo Berkeley (regista e produttore, vincitore, nel 2003 della sezione Best Documentary al Tribeca Film Festival per A Normal Life).

DAL SONORO ALL’IMMAGINE

A differenza del podcast originario, che manteneva una precisa direzione critica, la docu-serie decide di esplorare ulteriormente il materiale di partenza.
In questo modo di hanno diverse conseguenze che contribuiscono a renderla un prodotto decisamente interessante:

  • l’uso del found footage e delle immagini di repertorio accrescono ulteriormente la carica emotiva del racconto (soprattutto per lo spettatore che già conosce la materia trattata);
  • allo stesso tempo viene data molta attenzione all’aspetto “mediatico” della vicenda, restituendo uno spaccato del mondo circostante ai protagonisti;
  • i racconto si fa così più “oggettivo” dando anche spazio alle voci “discordi” con quanto raccontato da Trincia, un punto di vista che nel podcast era completamente assente;
  • paradossalmente questa neutralità rende però il tutto meno incisivo in quanto si avverte il distacco rispetto alle vicende narrate;

L’ORIGINE DELLE FAKE NEWS

È indubbio che il successo del podcast (e, di conseguenza, di questa docu-serie) sia dovuto soprattutto allo stretto legame che lega questa vicenda all’attualità.
Oltre all’aspetto emotivo, che una storia del genere rilascia, lo show analizza anche come la realtà in cui viviamo possa sempre essere falsata e/o modificata. In un certo senso, la vicenda dei Diavoli della Bassa Modenese (oltre ad anticipare di alcuni anni il caso, molto simile, di Bibbiano) ha anticipato di alcuni anni anche il tema delle fake news.
Una serie dunque che capita al momento giusto e che rilascia un’importante riflessione sull’attualità. Anche per questo motivo la serie sceglie di dare poche risposte, almeno rispetto ai numerosi interrogativi che propone.

UN GRANDE LAVORO DI STORYTELLING

Ne esce fuori un’opera composita e, per certi aspetti, auto-referenziale. Il lavoro di Trincia e della Rafanelli è al centro dell’attenzione, forse più che la vicenda in sé. Ma questo “protagonismo” non mette comunque in secondo piano un racconto che si serve di tutti i meccanismi narrativi possibili per catturare l’attenzione dello spettatore.
La serie presenta, infatti, un climax ascendente che si serve dell’utilizzo della musica e delle immagini, oltre che delle consuete ricostruzioni visive (come ogni prodotto true-crime che si rispetti). Tali elementi, mescolati insieme, ricostruiscono alla perfezione, davanti agli occhi dello spettatore, il clima degli anni 90 e la vita di provincia italiana del periodo.
Il tutto con un buon ritmo narrativo che fa scivolare velocemente tutti i 5 episodi da 50 minuti ciascuno. La serie offre solo un “assaggio” di quella che è una vicenda complessa come quella dei Diavoli. Ma offre anche i giusti input per approfondirla ulteriormente, come pochi prodotti del genere sanno fare. Il racconto risulta perfettamente coerente con sé stesso e con gli obiettivi che si propone.

Si spera che questo dia un nuovo e genuino impulso alla produzione del genere true-crime italiano (e documentaristico in generale), anche grazie alla “rivalità” con Netflix, per cui questo show è un vero e proprio atto di sfida. Veleno è, infatti, la dimostrazione che la non-fiction in Italia è tutt’altro che morta, e la sua qualità è decisamente notevole.

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