Da diverse settimane il canale pay Sky Arte ha messo nel proprio palinsesto televisivo il documentario QT8 – Quentin Tarantino: The first eght (21 years: Quentin Tarantino) che parla dei primi otto lungometraggi del celebre regista statunitense, autore di film cult come Pulp Fiction, Le Iene e Bastardi senza Gloria. Il documentario è disponibile sia on demand su Now e Sky, ma anche su MioCinema.

Tarantino è un cineasta di culto apprezzato dal pubblico e dalla critica. I suoi film sono un evento e sprizzano amore per il cinema in ogni frame e hanno quel tocco di genialità in grado si sorprendere. Autore di appena 9 film in quasi venticinque anni di carriera, Tarantino ha saputo cambiare e innovarsi, proponendo ogni volta un film diverso dall’altro, mischiando sapientemente i suoi generi preferiti in qualcosa di nuovo, fresco e sorprendente.

Diretto e prodotto da Tara Wood (insieme a Jack Zortman), il doc inizia sin dalle sue origini in cui troviamo un giovanissimo appassionato di cinema, che lavora in un videonoleggio, ossessionato dalla settima arte, per poi raccontare la sua filmografia e delineare una figura brillante, passionale, ironica e geniale. Per tratteggiare la sua poetica e raccontare aneddoti e curiosità sulla lavorazione dei suoi film. Per fare ciò, Woods si avvale di numerose interviste ad alcuni degli attori feticcio di Tarantino come Madsen, Jackson, Roth, Russel e storici collaboratori come la stuntwoman Zoe Bell. Il documentario racconta in maniera cronologica i primi 21 anni di carriera di Tarantino, proponendo una storia lineare che segue tutta la sua filmografia (manca solo il nono, C’era una volta a Hollywood). Gli intervistati delineano la persona brillante, appassionata in modo maniacale dal cinema da cui ha sempre attinto per le sue pellicole, rubando e innovando spunti presi qua e là dalla cinematografia mondiale. Rubare, citare, ma mai copiare. Grazie alla sua incredibile conoscenza filmica, Quentin Tarantino ha saputo costruirsi una carriera senza frequentare nessun corso universitario. Inizia a piccoli passi, dalla gavetta con la scrittura di sceneggiature cult come Natural Born Killers – Assassini nati (Diretto da Oliver Stone) e Una vita al massimo (diretto da Tony Scott) prima di debuttare alla regia con un film a basso budget, girato in un unico ambiente, Le Iene. Il film venne presentato a Cannes e da quel folgorante debutto sulla Croisette, iniziò il suo ingresso nell’Olimpo Hollywoodiano.  

Il documentario offre alcuni spunti dietro le quinte ai film del cineasta, proponendo alcuni aneddoti interessanti che mettono in mostra una figura particolare, con alcune “manie” e con un modus operandi atipico per i classici registi hollywoodiani. Un autore a tutto tondo che ha il controllo assoluto del proprio film, che si fida dei suoi collaboratori e delle sue scelte di casting. Con il tempo, film dopo film, i suoi set sono diventati quasi una famiglia allargata con un clima sul set giocoso e ironico. Tutti ad Hollywood vogliono far parte del “club Tarantino”. Il documentario si avvale anche di animazione per raccontare alcuni aneddoti significativi. Una scelta interessante che serve per rendere più accattivante il prodotto e “staccarlo” dalla classica inquadratura frontale sull’intervistato.  Tuttavia, seppur sia un prodotto ricco e pieno di interviste a persone che hanno collaborato direttamente con Tarantino, il documentario non offre niente di nuovo sull’autore che è stato ampiamente sdoganato da numerosi libri, saggi, articoli a lui dedicati. Non emerge nessuna notizia interessante, nuova. Ogni fan di Tarantino conosce a menadito la sua poetica e le sue peculiarità. Il doc si concentra in toto a far emergere quegli elementi di genialità, di atipicità, tralasciando la vita privata o parti meno note al grande pubblico che potevano venir fuori. L’unico barlume di “negatività” emerge nella “questione Harvey Weinstein”, storico produttore di Tarantino, accusato di numerosi abusi sessuali. Alla sua figura vengono dedicate delle piccole parti che però non vengono messe più di tanto in relazione con Tarantino (Madsen racconta un aneddoto capitato a Cannes quando era a cena con Tarantino e la famiglia del produttore). Il produttore viene citato per dovere di cronaca, per attualità e perché ha lavorato con il cineasta, ma la documentarista lo slega da qualsiasi legame diretto e “malsano” di Weinstein. Carino, l’ultimo pensiero conclusivo del doc che va direttamente alla storica montatrice di Tarantino, Sally Menke, morta nel 2010, la quale era l’unica persona realmente fidata all’interno della crew.

Complessivamente, il documentario è un buon prodotto, ma serve solo come compendio come riepilogo veloce, come ripasso accelerato del “mondo tarantiniano”. Non viene aggiunto niente di nuovo di quello che già si sapeva sulla leggendaria carriera di Quentin Tarantino. Si guarda volentieri, intrattiene, ma è solo per appassionati o per coloro che vogliono una full immension sull’atipico e geniale maestro registico statunitense, Quentin Tarantino. Ha il pregio di mettere in mostra i tratti distintivi della lavorazione dei suoi film e la sua metodologia di lavoro nel dirigere il set. Un’analisi alla carriera, film dopo film, mettendo in relazione l’operato da Tarantino con il contesto cinematografico contemporaneo.  

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata