Dopo aver debuttato a Venezia 2020, arriva sulla piattaforma streaming Prime Video il lungometraggio di debutto dell’attrice Regina King, Quella notte a Miami… (one night in Miami). È una pellicola basata sull’omonima piéce teatrale del 2013 di Kemp Powers che ha adattato il suo lavoro per il grande schermo. Si tratta di un film sorprendente che riporta in auge fatti storici importanti per la lotta al razzismo degli Stati Uniti in cui si immagina un incontro tra quattro star del mondo di colore degli Anni Sessanta: Malcom X, Cassius Clay, Jim Brown e Sam Cooke. Quattro pesi massi, quattro persone complementari che sono state eccellenze nei coloro campi di riferimento. Celebrità per la comunità afroamericana, dei punti di riferimenti molto forti che in un incontro immaginario si mostrano, con sincerità, ed espongono il loro punto di vista sulla lotta raziale. Prendono atto che la questione è ormai di vitale importanza e quell’incontro gli permette di prendere coscienza, di diventare finalmente un punto di riferimento per la lotta. Il tutto in una mitica notte fatta di dialogo, di scontri verbali, di punti di vista, di dilemmi.
L’incipit ci presenta i quattro protagonisti, una carrellata che evidenzia il loro status, la loro personalità e la loro esperienza diretta con le discriminazioni razziali. Nonostante siano delle star, vengono sfruttati e trattati come inferiori dai bianchi. Successivamente si concentra sui quattro amici che organizzano una ripatriata per festeggiare il successo di Cassius Clay (prossimo a convertirsi all’islam e a diventare Mohamed Ali) in un hotel di Miami. Da lì inizia un confronto sulla lotta raziale. Uno scambio di prospettive.
Siamo in pieno Anni Sessanta, nel 1964, pochi mesi dopo l’assassinio di Kennedy. La guerra del Vietnam è ancora in corso e negli Stati Uniti sono anni vitali per la lotta al razzismo. Nella notte tra il 25 e 26 febbraio, quattro amici si ritrovano in un hotel per festeggiare il titolo di Campione del Mondo dei Pesi Massimi di Cassius Clay. Questo è un evento realmente accaduto, ma il dietro le quinte di quella leggendaria serata è stato scritto nella piéce da Kemp che immagina i loro discorsi e i loro dialoghi. Una sorta di What if che riesce bene nel suo intento di smuovere le coscienze, attraverso un incontro che si rivela essenziale per compiere una riflessione personale sulla questione razziale. Il tutto con onestà, senza retorica e senza snaturare i fatti storici o macchiare la vita di una delle star. Inoltre, riesce bene a non mitizzare già dei miti fornendo loro aure da predestinati o da leggenda. Sono delle star, dei pesi massimi, ma sono persone che stanno trovando il loro definitivo percorso. Tutti loro hanno delle forti personalità e hanno uno scontro dialettico che fa emergere il loro punto di vista. Diversi ma uniti da un’unica causa.
Nel film emerge la gioventù dell’entusiasta indistruttibile adone Clay che appena ventiduenne è già diventato una leggenda della Box, il conflitto interiore del cantante Sam Cooke, la voglia di cambiare vita di Jim Brown e il peso sulle spalle di Malcom X. Quest’ultimo è senza dubbio il punto centrale dell’intera opera in cui viene mostrato come un uomo stanco, ma ancora in grado di combattere. Sente che il suo tempo sta per scadere e vuole sensibilizzare i suoi amici a continuare la sua lotta contro le persecuzioni razziali. Funge da mentore, da spirito guida e vuole che loro portino avanti le sue idee. Pensieri sul futuro della lotta che vengono negoziati, discussi e valutati in una sorta di flusso di coscienza collettivo filtrato da diverse prospettive, età ed esperienze.
La pellicola è molto incisiva, si concentra sul fattore umano e cerca di mettere a nudo le fragilità, ma allo stesso tempo la forza, di queste quattro importantissime persone che hanno avuto grande importanza per la lotta verso l’uguaglianza. Pur rievocando persone e fatti degli Anni Sessanta, il lungometraggio riporta in auge questioni mai del tutto cancellate negli Stati Uniti, un paese in cui la lotta razziale non è mai finita realmente. Basti pensare gli ultimi fatti di cronaca che hanno riaperto la ferita in cui il suprematismo bianco ha portato alla morte di George Floyd e Breonna Taylor. Uso il classico espediente di “parlare del passato per raccontare vicende ancora calde nell’oggi”. Certe questioni non vanno mai dimenticate e devono essere riproposte con una certa cadenza per non cadere nel dimenticatoio. Una lotta silenziosa, fatta di divulgazione per educare e sensibilizzare le masse. Raccontare il passato per mostrare le radici di un popolo.
Nonostante la messinscena sia ampiamente simile all’impianto teatrale, il film mostra potenti sequenze rese d’impatto grazie ad una bellissima fotografia. Pochi movimenti di macchina ma la pellicola si rivela fluida, coesa, bilanciata e senza cadere nel didascalico. Si presenta come un’opera matura che non sembra essere diretta da una debuttante. La mano è sicura e riesce a mostrare alla perfezione il conflitto intimista dell’incontro tra queste quattro personalità.
Quella notte in Miami… si rivela una pellicola riuscita; ottimamente diretta e con una sceneggiatura solida, accattivante, avvincente, in grado di riportare in auge questioni razziali importanti. Attraverso una rievocazione semi-storica, il film ci mostra con onestà e senza retorica il dietro le quinte di un incontro leggendario che ha fatto Storia. C’è tanto cuore e passione. Senza cadere nel dialettico e nel didascalico, la pellicola ha un buon ritmo e si guarda volentieri. Ottima e sicuramente sarà tra le pellicole protagoniste agli Oscar 2021.
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