Arriva l’adattamento filmico della pièce teatrale di August Wilson, diretto da George C. Wolfe, Ma Rainey’s Black Bottom. Film che arriva in streaming grazie a Netflix e che sicuramente troveremo in cima alle candidature ai futuri Premi Oscar (quantomeno per le interpretazioni).  Si tratta di un’opera drammatica viscerale che utilizza l’espediente musicale per mettere in mostra il conflitto raziale e la rabbia derivante dai continui soprusi.

Gertrude “Ma” Rainey è la regina del Blues è attesa a Chicago per registrare il suo nuovo album. Alla casa discografica arrivano prima i suoi musicisti che vengono messi a provare in uno scantinato dai proprietari, bianchi. Nell’attesa, tra una prova e l’altra, i quattro componenti discutono della vita, della musica e parlano del loro tormentato passato fatto di soprusi. Tra loro c’è il giovane e “sanguigno” trombettista Leeve che, ribelle, cerca di imporre il suo modo di suonare ai suoi colleghi veterani che non hanno intenzione di aprirsi ad arrangiamenti più movimentati, da ballo. Quella è musica per bianchi e i veterani vogliono rimanere fedeli al loro modo di fare musica, da neri per neri. Cosi scatta il primo conflitto, la prima disputa. Ma decide risponde il più anziano e quest’ultima va contro il trombettista che viene etichettato come una testa calda. Da li in poi inizieranno numerosi conflitti che sfoceranno in un dramma viscerale, caldo e passionale come il blues.

Ma Rainey’s Black Bottom (2020): Viola Davis as Ma Rainey. Cr. David Lee / Netflix

Teatrale nella messinscena, con pochissimi ambienti. Quasi tutto girato nelle quattro mura della casa discografica fatta di ambienti freddi in cui le persone di colore vengono relegate nei bassifondi, nel sottoscala. Trattati come se fossero delle persone marginali, da tappezzeria, che non vengono prese in considerazione dai bianchi. Proprietari della casa discografica che mirano solo al business, agli affari e fruttano quelli di colore, che suonano la vera, autentica, musica blues, per i propri interessi. Per i soldi. Lo stesso Leeve viene sfruttato da uno dei due proprietari finché gli porta dei buoni brani da comprare a basso prezzo, lusingandolo sul fatto che lo farà debuttare al grande pubblico con un album tutto suo. Il tutto finché il giovane non esplode e si fa licenziare da Ma; finendo da solo e abbandonato da tutti. Quest’ultimo conflitto è quello che fa scattare il momento di rabbia, di non lucidità, in cui tutto l’odio represso per i vari soprusi (intellettuali, personali, fisici ed economici) si trasforma in violenza e richiede sangue caldo che scorre. Una sorta di occhio per occhio in cui la rabbia annebbia la lucidità mentale e porta il giovane a scagliarsi violentemente con un suo collega, reo di avergli mancato di rispetto calpestandogli le sue costosissime scarpe appena comprate. Il paio di scarpe rappresenta tutti i suoi sogni, le sue aspettative future e, simbolicamente, è come se il collega abbia calpestato tutto il suo futuro, la sua vita, costringendolo ad una vita misera.  Calpestare le scarpe è stato come schiacciare la persona, come voler renderla insignificante.

La stessa Ma Rainey è un’artista particolare, egocentrica, decisa, autorevole e autoritaria. Gestisce la sua band in modo dittatoriale e si impone in maniera decisa contro i proprietari della casa discografica che mirano solo a sfruttarla per fare soldi. Li fa penare poiché cerca il rispetto e vuole essere tratta nella maniera giusta perciò si comporta come una donna capricciosa. Tuttavia, con gli anni, è riuscita a crearsi un certo rispetto e ha capito come relazionarsi con i bianchi. Si vende per necessità ma non si fa sopraffare. La scena clue è quella dell’incisione in cui Ma impone ai due discografici che l’intro venisse fatta dal nipote balbuziente, costringendoli a buttare numerose bobine di incisione. Proprio durante quest’atto di registrazione, in cui il meccanismo industriale viene azionato, quello dei soldi, dove la calda voce blues di Ma viene incisa sui vinili che si compie l’atto di “svendita”, in cui perde la sua voce autorevole ed è costretta a vendersi definitivamente con la sottoscrizione della liberatoria.

Lo scontro musicale è il pretesto giusto per raccontare una storia di soprusi e di rispetto in cui il blues è l’allegoria perfetta per mostrare un conflitto tra l’io (leeve) e il noi (la band) in cui tutti sono tenuti a rispettarsi, a suonare insieme, allo stesso ritmo. Senza assoli e comportamenti egoistici. Solo insieme si può riuscire a cambiare le cose, a lottare. Da soli, si rischia di diventare una voce fuori dal coro, troppo debole per essere ascoltata e presa in considerazione. Non basta l’euforia giovanile, il sangue caldo, a volte bisogna prendersi il giusto tempo per valutare in modo razionale le cose. Ad ogni cosa il suo tempo. Il blues è una forma d’arte musicale collettiva, in cui tutta la band deve suonare in modo coeso, uniforme, per dar vita ad una sinfonia organica, ad un unico corpo unico.

Come successe con Barriere, August Wilson, che proprio per quella pièce teatrale vinse due premi Pulitzer ed ebbe molto successo con l’adattamento cinematografico curato da Denzel Washington, conferma l’importanza della parola, con un’opera focalizzata a valorizzare i dialoghi. Numerosi monologhi introspettivi che mostrano tutta l’insofferenza e spesso mostrano soprusi e traumi del passato che servono per definire il background dei protagonisti. In particolare per sfaccettare psicologicamente il gruppo, concentrandosi prevalentemente su Leeve, vero protagonista assoluto, che in tutto il film non depone mai l’ascia di guerra.

Viola Davis è bravissima nei panni di Ma Rainey, ma sorprendente è l’ultima interpretazione del compianto Chadwick Bosaman che ruba la scena e si conferma come vero protagonista di un lungometraggio potente e viscerale. Il suo Leeve è un’anima complessa, combattuta che cerca il su posto nel mondo. La sua esplosione di cieca violenza è commovente, un grido d’aiuto, mozzafiato.

Ma Rainey’s Black Bottom si rivela una pellicola drammatica tosta, viscerale e sanguigna. La sessione di registrazione è il pretesto per dare vita ad un dramma intenso sul rispetto in cui una voce fuori dal coro perde la rotta e si scontra contro le persone che hanno cercato di aiutarlo. Il continuo scontro razziale in cui emerge il costante peso delle persone di colore nel doversi affermarsi per ottenere l’equità dai bianchi. Tra allegorie e metafore, il film ha numerose sfumature e chiavi di lettura verso la contemporaneità dove c’è costantemente una mancanza di rispetto in una società sempre più votata all’io e allo schiacciare le persone. Tosto e ben recitato; basato su una storia vera ben condensata in un’opera sofisticata, intelligente e piena di elementi attuali. L’unico neo è che l’impianto narrativo, concentrato sul massiccio uso della parola, sui dialoghi, rende la storia pesante e non così facile da digerire. Tuttavia, rimane una pellicola molto valida che presenta un finale amaro, pieno di significato.

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