Sacha Baron Cohen torna con il suo irriverente personaggio Borat, dopo l’exploit del 2006, con un’altra spassosa e stupefacente pellicola comico-demenziale: Borat: Subsequent Moviefilm. Un ritorno inaspettato perché le riprese si sono tenute in gran segreto e le notizie della sua realizzazione sono uscite a ridosso dell’uscita in streaming su Amazon Prime Video. Livello di segretezza molto alto per preservare la riuscita delle gag comiche che altrimenti sarebbero stare rovinate da spoiler in quanto i media avrebbero rivelato chi fossero le persone sbeffeggiate da Cohen. Difatti, uno dei punti di forza del film sono le “guest star”, gli ospiti, inaspettati, che vengono coinvolti da Borat in spassosissime gag comiche. Personaggi politici che vengono presi in giro dal giornalista Kazako e che portano ad una feroce critica politica verso il regime Trump. Non a caso che il film esce proprio a ridosso delle elezioni statunitensi fissate per il 3 novembre.
Il primo film che si muoveva tra realtà e finzione in una sorta di mockumentary; questo sequel riconosce il successo del precedente capitolo e utilizza questa consapevolezza come elemento cardine per strutturare l’intero sequel. Infatti, il paese di Borat, a causa del successo del primo film, è diventato lo zimbello del mondo. Oggetto di scherno da tutto il globo, il povero giornalista Kazako viene costretto ai lavori forzati. Fortunatamente, i potenti del suo paese hanno l’idea per riportare in auge la fama del paese: Consegnare a Mcdonald Trump (cosi viene chiamato da Borat nel film), tanto amico dei più potenti dittatori del mondo, un dono per ingraziarsi la sua simpatia: uno scimpanzé. A lui o a qualcuno di molto vicino al suo staff politico Repubblicano. Perciò, Borat viene spedito negli stati uniti con questa importante missione. Ad affiancarlo, accidentalmente, sua figlia adolescente, Tutar. Osteggiata dallo stesso padre che non vede di buon occhio il sesso femminile, la ragazza è il pretesto giusto per dare vita a gag divertenti sul rapporto padre-figlia e sull’emancipazione della donna.
Essendo girato con lo stile di falso documentario, e perciò spesso di nascosto, l’espediente del successo del primo film permette a Cohen di giocare maggiormente sul suo ecclettismo trasformista, proponendo diversi costumi. In strada lo riconosco e cosi, il buon Borat è costretto ad utilizzare nuovi mezzi per rendersi irriconoscibile. Questo elemento ha permesso al film di essere girato in gran segreto. Inoltre, l’espediente gli consente di girare in piena pandemia e offrire liberà espressiva ai passanti che spesso offrono dialoghi spiazzanti che mettono in mostra tutto il lato peggiore degli USA. L’antisemitismo di Borat gli permette di venire a contatto con persone diverse che servono a mettere in risalto tutto il feroce clima di odio, di negativismo e di negligenza che è emerso negli Stati Uniti negli ultimi anni. L’influenza dei social media (con le fake news), l’ignoranza che sfocia spesso in violenza e la politica incapace di portare un cambiamento radicale e che invece invoca l’oscurantismo con battute becere e retrograde. Tutte tematiche che vengono “Burlate” dal film che utilizza una messinscena realista con una narrazione sopra le righe, goliardica e grottesca per portare ad una riflessione sul paese.
Inoltre, per giocare tra realtà e finzione, se a livello “documentaristico” sfocia in una satira sul paese e sul governo Repubblicano, che viene indicato come il colpevole di questa nuova era di ignoranza negli Usa, internamente, nella finzione, la pellicola, narrativamente, si concentra sulla crescita del personaggio e sulla sua visione delle donne. Il primo capitolo mostrava il suo astio nei confronti dell’altro sesso e, sempre per rimanere ancorato con la satira della società e offrire una prospettiva sulle nuove ondate femministe nate da movimenti come Time’s Up, utilizza l’espediente della figlia per inscenare gag che permetto al film di evolvere sia narrativamente che come oggetto di critica sociale. Già perché Borat rimane pur sempre un film e a livello diegetico la storia deve crescere, avere dei legami e avere un filo narrativo comprensibile. Il rapporto padre-figlia messo in atto è frutto di una mentalità bigotta e maschilista che però muta quando viene a contatto con il liberalismo americano dove la donna ha una certa libertà. Evolve in maniera genuina e serve sia per offrire una doppia prospettiva, che al primo film mancava, che per critica. Questo elemento è quello più originale e che all’interno del film offre gag più divertenti e originali. Fortunatamente, Cohen, da bravo comico, ha voluto aprire il suo personaggio anche in questo aspetto per offrire coesione narrativa, genuinità e freschezza. Inoltre, questa nuova prospettiva permette al sequel di differenziarsi dal precedente lungometraggio.
Sacha Baron Cohen fa di nuovo centro con un esilarante commedia, grottesca che offre una feroce satira ai costumi e alla società statunitense. Come il precedente capitolo, Borat: Subsequent Moviefilm ne ha per tutti, dai politici, alle donne, al coronavirus. Uno sguardo univoco alla contemporaneità che permette un genuino divertimento con una spruzzatina di satira. Ridere per non piangere e offrire spunti di riflessione per cercare di sovvertire l’ignoranza culturale che sta avvenendo negli Stati Uniti. Risate a crepapelle per una pellicola che ha l’abilità di reinventare il personaggio, stupendo e spiazzando gli spettatori.
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