La pandemia di Coronavirus ha sconvolto il calendario cinematografico mondiale; era inevitabile che qualche titolo destinato alla sala avrebbe preso la via dello streaming. Certo, fa strano perché questo lungometraggio proviene dalla Casa di Topolino, azienda focalizzata su prodotti per famiglie, che da sempre cerca di massimizzare i propri prodotti sfruttando tutte le filiere commerciali. Dopo vari rinvii, arriva il tanto atteso remake live-action Disney del cult di animazione Mulan. Non in sala ma in via sperimentale in streaming esclusivo, a pagamento, su Disney+ tramite un Accesso Vip. Dal costo di 21.90 euro, le famiglie possono godersi il lungometraggio nella propria comodità casalinga. Certo, visti i vari rinvii sembra che la Casa di Topolino abbia deciso di utilizzare un titolo “debole” come una sorta di esperimento per testare l’ipotetico mercato per il futuro. Ebbene, dopo aver visto la pellicola, si può capire perché l’azienda abbia deciso di “sacrificare” questo remake live-action; Mulan in carne ed ossa non mantiene le premesse sperate e si rivela uno dei più brutti adattamenti, dal vivo, basati su un cartone animato Disney.
Gli adattamenti live-action Disney delle sue proprietà animate hanno avuto una linea discontinua e ognuno di essi ha scelto se essere fedele alla storia originale, mantenendo le canzoni cult, o prendere spunto e realizzare una nuova visione. Mulan fa parte di questa seconda categoria in quanto attinge dal cartoon per proporre una rilettura spettacolare e ricca d’azione. Se il cartone metteva in atto una storia progressista, femminista e cercava di abbattere le barriere di una società profondamente patriarcale, proponendo uguaglianza di genere, il tutto in maniera rivoluzionario per quegli anni, il remake riporta quasi indietro tale lotta di equità in quanto non osa addentrarsi in suddetti confronti. La storia si concentra principalmente sulla spettacolarità, sulla predestinazione, sulla devozione alla famiglia ma non scardina nessun tabù e mantiene il conflitto di genere in stallo, bloccandolo su ideologie stantie e poco inclini a tempi radicali odierni.
L’incipit è lo stesso del film animato del 1998, Mulan figlia maggiore di un ex guerriero dell’Impero Cinese, si traveste da uomo per prendere il posto del padre malato alla chiamata alle armi dell’Imperatore. La giovane si trasforma da Hua Mulan in Hua Jun e dimostra di essere un abile guerriera.
Se la premessa iniziale rimane pressoché identica, lo sviluppo e il sottotesto del film è cambiato profondamente. Sin dalle prime scene, in cui Mulan è ancora una bambina, vengono mostrate le sue abilità di guerriera. Salta sui tetti e rincorre le galline. Un comportamento che poco si confà ad una futura donna. I genitori tentano di metterla in riga perché il compito primario di una femmina è di diventare un buon partito e combinare un matrimonio conveniente che porti onore e ricchezza alla famiglia. La forma in cui viene raccontata la storia è ancorata al genere cinese per eccellenza, il Wuxia che si concentra nel raccontare avventure di guerrieri di arti marziali che hanno abilità sovrannaturali e sono in grado di fare acrobazie straordinarie. Anche la regia adottata richiama quel genere proponendo evoluzione acrobatiche spettacolari, sbalorditivi dal punto di vista visivo e con un ritmo frenetico. Purtroppo, Mulan non raggiunge mai quelle vette epiche che il Wuxia richiede e perciò sembra quasi una “americanata”. Sbagliato il ritmo, la storia e il bilanciamento tra azione-sentimenti.
Il vero difetto di questo adattamento è la sceneggiatura che non riesce a caratterizzare né la protagonista né tantomeno i personaggi secondari. Dire che spesso, nei cartoon Dinsey, quest’ultimi rubavano la scena ai protagonisti (vi ricordare di mushu?) stessi, mentre in questo lungometraggio l’evoluzione psico-fisica non avviene in maniera coerente, uniforme ed organica. Sembra tutto una forzatura, è così perché è una predestinata. Ha un Chi forte e ed una grande guerriera perché così è nata. La pellicola di animazione si concentrava, oltre alla famiglia, alla forza di volontà al superamento dei limiti e ad abbattere le barriere della società portando una giovane donna a dimostrare di essere al pare di un uomo, a parità di condizioni di addestramento. Qui la protagonista raggiunge la vetta con poco, senza sacrificio e senza acquisire consapevolezza. Niente viene ottenuto tramite il lavoro, la volontà ma viene abbassato di tono con un misero criterio di “Nascita”. Quindi Mulan è un’eccezione? Le altre donne “Normali” che fine devono fare visto che non hanno abilità guerriere? L’unica sua preoccupazione è la “sincerità”, l’essere in colpa per aver nascosto di essere una femmina. Si concentra su spunti sbagliati e stantii. Su aspetti restrittivi e che riportano indietro le lotte femministe di anni in quanto si basa sul concetto di nascita e di “unicità”. I personaggi secondari sono monodimensionali, nessuno di loro è divertente, caratterizzato e funzionale alla storia. Gli stessi antagonisti si rivelano deboli, ambigui e dalle motivazioni poco elaborate. Tant’è che nel finale c’è un repentino stravolgimento che rende inutile tutto il conflitto.
Questa nuova forma non convince. C’è troppa azione e manca il giusto bilanciamento tra introspezione tra personaggi, azione e momenti di commedia. La mancanza di Mushu è evidente; la sua presenza era indispensabile. Il live-action lo sostituisce con uno spirito guida insoddisfacente, una fenice, che serve perlopiù a confermare l’aura da predestinata di Mulan. Tuttavia, l’assenza maggiore è che al film manca il sentimento. Non c’è epicità ed è sterile dal punto di vista emozionale. Non ci si emoziona e non si sono dei veri pericoli per la protagonista. Impalpabile e con zero empatia.
La pellicola si concentra sull’azione e perciò sradica un altro elemento di successo del lungometraggio di animazione: la musica. Le canzoni, anch’esse rivoluzionarie nel testo, erano il raccordo e il veicolo ideale per far emergere le insicurezze e i sentimenti dei personaggi. Il live-action non riesce a trovare una formula per sopperire a tale mancanza e perciò si rivela solo un’accozzaglia di scene spettacolari. Una pellicola scialba, insipida e priva di cuore e di coraggio.
Complessivamente, Il remake live-action di Mulan è un fallimento sotto ogni punto di vista. Forse il più brutto adattamento targato Disney delle reimmaginazioni; sicuramente è la pellicola che più tradisce lo spirito dell’opera originale.
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