Tra i protagonisti della Hollywood post-2000 è impossibile non citare Christopher Nolan. Alfiere di un cinema d’intrattenimento fatto di concept complessi, narrative intricate e uso sapiente degli effetti visivi, si è imposto a pieno titolo tra i registi più gettonati del circuito mainstream statunitense. Tre anni dopo Dunkirk, tra i film più realistici e sobri del suo campionario, esce in sala con Tenet, che si rivela esattamente l’opposto. La trama vede un agente della CIA (John David Washington), del quale non ci è dato sapere il nome, venire reclutato per una missione dalla quale dipenderà il destino stesso della realtà, sotto attacco da un tempo futuro in cui esiste una tecnologia in grado di invertire il tempo della materia. Ad assisterlo saranno Neil (Robert Pattinson), un altro agente, e Kat (Elizabeth Debicki), moglie riluttante dell’antagonista Sator (Kenneth Branagh).

Possiamo dire senza dubbio che negli anni Duemila Nolan abbia indubbiamente portato una ventata d’aria fresca in una Hollywood dominata da prodotti di eccessiva digeribilità. Tuttavia, col tempo i tratti distintivi del suo cinema sono diventati sempre più marcati e hanno più di una volta rischiato di compromettere quella che dovrebbe essere una trama per sua natura comprensibile. Inception (2010) è stato per anni il film che ha meglio rappresentato questa tendenza di Nolan, con critiche e parodie dedicate a non finire.

Tenet prende questa via tumultuosa e la percorre fino alla fine e oltre. Quasi a voler compensare la semplicità narrativa di Dunkirk, l’ultima fatica di Nolan usa l’espediente dell’inversione temporale per mettere in scena sequenze che se da un lato sono spesso spettacolari e a volte anche di intelligenza notevole, dall’altro disturbano la comprensione dell’opera su più livelli.

Innanzitutto, il livello visivo. Con lo scorrere degli eventi, la tecnica di inversione viene utilizzata sempre più di frequente e il fascino che poteva esercitare sullo spettatore nelle sue prime apparizioni finisce per tramutarsi in confusione. La coesistenza di due piani temporali, l’uno in direzione opposta rispetto all’altro, crea spaesamento nello spettatore che, soprattutto nelle battute finali, rischia di perdere il filo dell’azione. Il problema è in parte compensato dal fatto che l’intreccio di Nolan è anche qui basato su stilemi narrativi rodati e comprensibili; in parole povere, si comprende sempre dove si sia arrivati, pur magari non capendo come sia accaduto.

Le note realmente dolenti vengono dai dialoghi. Se i complessi concetti di Inception e Interstellar erano spiegati dai personaggi in maniera tutto sommato accessibile, in Tenet si assiste a un vero e proprio sovraccarico semantico. Elementi già ardui da comprendere in quanto tali vengono esposti allo spettatore tramite scambi di battute tanto astrusi quanto rapidi. Si ha la strana sensazione che Nolan abbia voluto quasi parodizzare i dialoghi delle sue opere precedenti rendendoli inutilmente oscuri e cervellotici, molto più che nelle sue opere precedenti.

Un’altra caduta riguarda le motivazioni degli antagonisti dal futuro. Senza rivelare nulla nello specifico, qui l’eccesso è dalla parte opposta rispetto a quella delle spiegazioni appena citata. Una banalità e un semplicismo simili non si erano mai visti nemmeno nei passaggi di trama più criticati di Nolan, (“l’amore” di Interstellar tra i meglio noti). Il tutto raccontato letteralmente in meno di dieci secondi, assottigliando ulteriormente lo spessore di quello che avrebbe dovuto essere un picco nella profondità del film.

Una grande complessità narrativa non è di per sé un male. Occorre però che venga usata come supporto per un’idea concreta, per permettere all’autore di esprimere qualcosa che contraddistingua la sua opera (e il suo stesso essere) da quelle dei pari. In Tenet invece la complessità è praticamente fine a se stessa, sulla scia di una tendenza spiacevole che gioca solo sull’effetto, usandolo per camuffare la vuotezza del contenuto. È un vero peccato: la schiera di hater, sempre pronti dietro l’angolo per aggredire ingiustamente Nolan ormai da anni, stavolta ha l’occasione perfetta di avere ragione.

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