Il Buco è un film di Galder Gaztelu-Urrutia, disponibile nel catalogo Netflix. Si inserisce in quel filone di film di cui fanno parte, per citarne alcuni, la saga di The Cube e The Experiment. Il messaggio, qui, è subito evidente e assolutamente non elano, ma nemmeno accennato.
La trama de Il Buco ci porta all’interno di una prigione/esperimento sviluppata in verticale, con un buco centrale tra i piani in cui viaggia una piattaforma con lo scopo di portare cibo ai prigionieri. Questa si ferma per 2 minuti esatti in ogni piano, ognuno dei quali è abitato da due persone. Alla fine di ogni mese gli “inquilini” di ogni piano si vedranno essere riassegnati in uno diverso.
La metafora sociale, come accennavamo, è evidente: il cibo, se porzionato, basterebbe per tutti, ma chi si trova nei piani più alti ha accesso subito a una quantità maggiore dello stesso e, quindi, non pensa neanche un secondo alle conseguenze del suo abbuffarsi sulle persone dei piani inferiori. Proprio il rapporto tra piani superiori e piani inferiori eidenzia tutta l’ipocrisia e la crudeltà dell’essere umano, in quanto i primi trattano i secondi con estremo disprezzo, urinandoci anche sopra, dall’alto della loro posizione. Il paradosso è che nel mese successivo chi si trova in piani vantaggiosi, potrebbe essere ricollocato in piani inferiori, subendo quello che loro stessi hanno fatto nei confronti di altri. Inoltre nei piani molto inferiori il cibo, come è prevedibile, non arriva per niente, costringendo l’uomo a mostrare la parte più animalesca di sé, in nome della sopravvivenza ad ogni costo.
In tutto questo, il protagonista, Goreng, inizierà una sorta di rivolta sociale in un primo momento con il dialogo, poi, risultato il primo inutile, acquisendo una sorta di autorità dittatoriale sulla piattaforma in modo tale da far arrivare una porzione di cibo a tutti, utilizzando anche la forza se necessario. Una rivolta che parte dall’alto per poi tornare in basso e risalire, fino al piano 0, portando un messaggio alla cosiddetta Amministrazione, ovvero coloro che gestiscono e controllano il tutto, preparando anche le pietanze per i prigionieri.
Lotta sociale, quindi, ma non vanno tralasciati i riferimenti religiosi. Come sulla stessa Amministrazione, il cui capo potrebbe essere definito come una sorta di divinità, oppure il numero totale dei piani, ovvero 333 (ognuno contenente 2 persone, per un totale di 666 prigionieri), ma anche la caratterizzazione dell’ultimo piano, un inferno in piena regola in cui il protagonista dovrà fermarsi, non potendo essere portatore del messaggio, accolto dalla figura del primo compagnio di prigionia che ha incontrato, il quale impersona tutta la corruzione e la malvagità dell’essere umano, pur mantenendo una forma educata e “composta” . A Goreng tocca l’inferno quindi, forse perché per innescare la rivoluzione, della quale non sapremo mai l’esito, ha dovuto sporcarsi le mani e mischiarsi con quella corruzione e quella malvagità di cui l’uomo è impregnato.
Il Buco non nasconde nulla, quindi, ma ci offre numerosi spunti di riflessione presentandoci questo esperimento/denuncia. Anche solo il fatto che ogni prigioniero ha potuto scegliere un oggetto da portare all’interno della struttura e, mentre quasi tutti hanno scelto armi o oggetti contundenti, il protagonista ha optato per un libro: Don Chisciotte de la Mancia per la precisione, il difensore delle cause perse. Un libro che, come è evidente, non gli servirà a nulla in quella situazione (venendogli anche sottratto ad un certo punto), simboleggiando come la cultura venga schiacciata dalla forza bruta dell’uomo/animale. L’ignoranza della primordialità divora, in questo caso potremmo dire letteralmente, la cultura dell’uomo istruito ed educato, in una visione assolutamente pessimistica della società contemporanea.
Il destino è, inizialmente, tutto in un piatto di panna cotta, simbolo del messaggio sociale che deve arrivare ai piani alti, per poi passare nelle mani di una bambina trovata procedendo verso il fondo della struttura, simbolo della purezza dell’uomo ma il cui messaggio non sampremo mai se arriverà a destinazione.
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