I casi di razzismo istituzionalizzato negli Stati Uniti sono innumerevoli e continuano ad avvenire, nonostante i cambiamenti positivi in atto nella società americana degli ultimi decenni. Una triste vicenda che però ebbe un lieto fine fu quella riguardante Walter McMillan, afroamericano ingiustamente condannato a morte per omicidio; il giovane e idealista Bryan Stevenson, avvocato trasferitosi in Alabama per tentare di contrastare il razzismo caratterizzante la giustizia locale, lo convinse a ricorrere in appello. Il ricorso fu infine vinto e McMillan poté trascorrere il resto della sua vita da uomo libero. Destin Daniel Cretton narra questa storia in Il diritto di opporsi, da egli anche scritto assieme ad Andrew Lanham; McMillan è interpretato da Jamie Foxx e Stevenson da Michael B. Jordan. Presenti nel cast anche Brie Larson, Rob Morgan, Tim Blake Nelson e Rafe Spall.

Come la quasi totalità dei film hollywoodiani di impegno civile, Il diritto di opporsi svolge bene il suo compito. Racconta una vicenda del passato in grado di ricollegarsi al presente; inserisce picchi di tragicità al momento opportuno; mette in gioco attori capaci di calarsi nei loro personaggi. Tutto concorre allo scopo ultimo di risvegliare la coscienza del pubblico, nella speranza di contribuire nel suo piccolo al miglioramento della società nel suo complesso.

Se Il diritto di opporsi ha tutti i pregi di questo genere di film, ne mostra però anche tutti i difetti. Forzato dalla sua stessa natura ad essere a ogni costo pedagogico, non si eleva mai oltre una dimensione che, per quanto nobilitante, è solo un’altra faccia della produzione industriale. Emerge quindi un film verboso, moraleggiante e a tratti drammatizzato in maniera forse eccessiva.

C’è una particolarità che distingue il film di Cretton dai suoi simili, anche se ha più un valore intertestuale e legato alle tendenze produttive. Due dei suoi interpreti principali sono entrambi comparsi in ruoli di rilievo nel Marvel Cinematic Universe: gli attori in questione sono Michael B. Jordan e Brie Larson, rispettivamente antagonista in Black Panther e protagonista in Captain Marvel. La loro presenza, oltre a rendere l’idea di un tentativo di avvicinamento del grande pubblico giovane, ormai familiare con i volti degli eroi del cinefumetto, è anche simbolo di un sempre più palese avvicinamento a livello ideologico di film tra loro diversissimi. Se l’impegno civile è evidente in storie come Il diritto di opporsi, non è però affatto assente nei cinecomics sopra citati, che negli anni si sono fatti veicolo di valorizzazione dei diritti in varie forme. Il loro modo di mostrarli è semplicemente meno manifesto (di norma).

Entrambe le tipologie di film vanno quindi a inserirsi in una tendenza più ampia, che è specchio della società occidentale di questi anni, sempre più a rischio di ricadute reazionarie e perciò sempre più attenta a trasmettere valori di giustizia sociale. Tuttavia, il fatto che in questa sede si siano spese più parole per descrivere questa tendenza che per analizzare Il diritto di opporsi in sé testimonia la sostanziale banalità del film. Il trattamento con cui gestisce la tematica affrontata resta in ogni caso migliore e più appropriato rispetto a quello di molti dei blockbuster cui si è fatto riferimento. Chiunque abbia visto Avengers: Endgame, con particolare riferimento ad un momento che vede al proprio centro la stessa Brie Larson, sa di cosa si sta parlando.

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