Un film politico-generazionale con protagonista una “sardina” francese!

In una Lione che si appresta a celebrare i suoi 2500 anni di storia infuriano le imminenti elezioni comunali. Il sindaco in carica, Paul Théraneau (Fabrice Luchini), cerca una riconferma ma è a corto di idee a causa di anni e anni di politica fatta più che altro di slogan e frasi fatte ormai superate e vuote. Cerca così aiuto in una figura giovane e lontana da quel mondo, qualcuno che sappia trovare delle idee, un’indicazione o quantomeno degli argomenti con cui riavvicinarsi a un elettorato ormai deluso e sempre più lontano dalla politica.

La figura scelta è quella della giovane ricercatrice in filosofia Alice Heimann (Anaïs Demoustier), nomen omen dal vago sapore carrolliano che dimostra l’alienazione provata dalla protagonista di fronte a quel “paese delle meraviglie” che pare essere diventata l’amministrazione comunale.

Così i continui incontri-scontri fra l’anziano e disilluso sindaco e la giovane e cinica filosofa sono il perno su cui ruota questa satira del regista francese Nicholas Pariser (già acclamato regista del thriller Le Grand Jeu). Si tratta in effetti di questo: una vera e propria satira sulla politica, nel senso latino del termine.

Anais Demoustier, interprete di Alice nel film “Alice e il sindaco”, imagine presa da screenshot su gentile concessione di Bim Distribuzione.

È difficile, infatti, inquadrare la pellicola in un genere ben preciso, poiché si tratta di un amalgama di tante cose. Da un lato c’è sicuramente un aspetto farsesco per quanto riguarda la descrizione dello staff del sindaco, la routine con cui si trovano ad operare e gli stranie bizzarri “consulenti d’immagine” che ogni giorno sfilano nei loro studi con idee e proposte bizzarre, degne più di un televenditore che non di un laureato in scienze politiche.

E, d’altra parte, la satira si tramuta ben presto in riflessione “rabbiosa” da parte della cosiddetta generazione Y, quella dei millennials, abili con la tecnologia e sempre connessi ma incapaci di crearsi relazioni durature e farsi una vita, di cui Alice è l’emblema. In mezzo c’è anche però il tempo per citazioni filosofiche e letterarie e riflessioni sul tempo che passa e sulla vecchiaia.

Con uno schema narrativo abbastanza tradizionale, quello degli “opposti che si attraggono” (schema che sembra diventato una consuetudine nel nuovo cinema francese, da Quasi Amici a Le Brio), il film lancia riflessioni niente affatto banali soprattutto per quanto riguarda il tema della precarietà del futuro e dell’ambientalismo. Il tono è molto cinico e asciutto, quasi “conservatore” nella sua morale alla fine del percorso di formazione che riguarda i due co-protagonisti della storia.

Fabrice Luchini interpreta il sindaco Paul nel film “Alice e il sindaco”, immagine presa da screenshot, su gentile concessione di Bim Distribuzione.

Così come Paul appare goffo ma sicuro delle sue convinzioni e con il desiderio sopito di voler incidere ancora sulla politica (di voler “cambiare le cose”, per quanto può), così Alice appare a tratti molto più “vecchia” di lui e più critica verso il futuro suo e di quell odei suoi coetanei. Anche per questo rapporto surreale tra i due (eppure molto verosimile alla realtà attuale) il film si lascia apprezzare e godere in tutte le sue scene dialogiche. Meno riusciti sembrano, invece, i momenti di “formazione” effettiva che dovrebbero coinvolgere Alice nel suo percorso narrativo. Complice anche una certa “staticità” e interpretazione alquanto monocorde dei due attori protagonisti (anche Luchini, in alcuni momenti, è ben lontano dall’interpretazione da Coppa Volpi per La Corte), forse voluta, così come il finale aperto, ma che ha il solo effetto di lasciare grandi interrogativi che sembrano buttati lì a caso.

Rimane però un buon film per quanto riguarda il ritmo narrativo e i continui stimoli di riflessione che portano avanti le varie scene. Questi sono il motivo che spinge lo spettatore ad andare avanti nella visione, nonostante un approccio “minimalista” che sembra voler fare a meno delle emozioni. Questo anche perché, pur con il suo messaggio universale, la storia è volutamente intrisa di quel verismo provinciale di cui proprio i francesi sono maestri e che viene citato a più riprese tra i “suggerimenti letterari” che la pellicola rilascia.

Una storia, dunque, che si potrebbe definire “glocale” proprio per il suo essere orgogliosamente provinciale eppure con un messaggio e una tematica di fondo che risultano, alla fine, universali. Non un film-manifesto generazionale ma una satira ironica che serve più che altro da spunto di riflessione, comunque necessario per avere uno spaccato delle contraddizioni e del pensiero politico contemporaneo.

In pratica la parabola esistenziale di una “sardina” francese, che potrebbe dunque interessare il pubblico italiano. Il quale potrà godere della pellicola di Pariser dal 6 febbraio, data in cui sarà disponibile nei cinema italiani a cura di Bim Distribuzione.

 

Locandina del film “Alice e il sindaco”, dal 6 febbraio nei cinema italiani.

 

 

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