Dopo tre anni dal debutto, 400 repliche e più di 350.000 spettatori, Enrico Lo Verso interpreta a Brescia un classico del teatro italiano del ‘900.

L’omaggio a Luigi Pirandello, in occasione dell’ottantesimo anniversario della sua morte. Dal più celebre dei romanzi di Luigi Pirandello, la storia di un uomo che sceglie di mettere in discussione la propria vita, a partire da un dettaglio, minimo insignificante. Il pretesto è un appunto, un’osservazione banale che viene dall’esterno. I dubbi di un’esistenza si dipanano intorno ad un particolare fisico. Le cento maschere della quotidianità, lasciano il posto alla ricerca del SE’ autentico, vero, profondo. L’ironia della scrittura rendo la situazione paradossale, grottesca, accentua gli equivoci. La vita si apre come in un gioco di scatole cinesi, e nel fondo è l’essenza: Abbandonare i centomila, per cercare l’uno, a volte può significare fare i conti con il nessuno. Ma forse è un prezzo che conviene pagare, pur di assaporare la vita. (Alessandra Pizzi, regista dello spettacolo)

Uno spettacolo su l’ultimo romanzo di Luigi Pirandello, quello che riesce a sintetizzare il pensiero dell’autore nel modo più completo. L’autore stesso, in una lettera autobiografica, lo definisce come il romanzo “più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita. “Uno, nessuno e centomila” è un’opera di lunga elaborazione, di assidua stesura, che accompagna, o per meglio dire informa di sé, il resto della produzione pirandelliana.
Da qui l’idea di una nuova e originale messa in scena, che possa ricercare nuovi specifici per lo spettacolo ma, soprattutto, sappia ridisegnare il rapporto, all’interno dello spazio scenico tra la parola ed il suono.
Uno spettacolo, in cui le parole e i suoni prendono forma di racconto di una voce: una composizione sintattica di parole e suoni, di note e sillabe, di versi e brani, in cui la musica e la narrazione, concorrono alla definizione del pensiero.
Il testo diventa di supporto alla musica e viceversa, la parola diventa la didascalia del suono che diventa forza della parola. Un intersezioni di “linguaggi” che danno forma ad un contenuto. Sempre diverso, mai simile a se stesso, mai scontata. Perché se diverso è il pubblico a cui lo spettacolo si rivolge, e diverso è l’attimo in cui il pensiero prende forma, questa non potrà mai essere predefinita. Un unico testo narrativo, per interpretazione sempre diverse affidate al racconto di Enrico Lo Verso, che mette in scena un contemporaneo Vitangelo Moscarda, l’uomo “senza tempo”. Un’interpretazione naturalistica, immediata, “schietta”, volta a sottolineare la contemporaneità di un messaggio universale, univoco, perenne: la ricerca della propria essenza, dentro la giungla quotidiana di omologazioni. La voglia di arrivare infondo ed assaporare la vita, quella autentica, oltre le imposizioni sociali dei ruoli. La paura di essere soli, fuori dal grido sociale della massa. Ed infine, il piacere unico, impagabile della scoperta del proprio “uno”: autentico, vero, necessario. Il Vitangelo Moscarda interpretato da Lo Verso diventa uomo di oggi, di ieri, di domani. Ed il testo diventa critica di una società che oggi, come cento anni fa quando fu concepito, tende alla partecipazione di massa a svantaggio della specificità dell’individuo. Ma la sua è una critica volta ad un finale positivo, la scoperta per ognuno di essere stessi, dentro la propria bellezza. L’interpretazione, non manca di ironia e sagacia, ricca com’è di inflessioni e note di colore tipiche siciliane, tanto care all’autore del testo, al personaggio e all’attore che lo interpreta. Una messa in scena mutevole in ogni contesto, nel rapporto empatico con il luogo e con chi ascolta e che da forma ad un personaggio, che è uno, centomila o nessuno, tutti per la prima volta affidati al racconto di una voce.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata