Il regalo di Natale di Netflix per tutti i nostalgici e cinefili!
Dicembre, tempo di feste e di regali sotto l’albero (oltre che di film dedicati alle Feste e appuntamenti televisivi ormai obbligatori)!
Anche Netflix non perde l’occasione, in questo periodo, di fare dei veri e propri “regali di natale” per i propri abbonati. lo si intuisce guardando il catalogo di Dicembre 2019 della piattaforma, dove a farla da padroni non sono tanto i prodotti originali quanto i classici di genere (soprattutto commedie e classici per famiglie) fatti apposta per le visioni al caldo sotto l’albero con il camino (o qualunque altro modo più moderno per scaldarsi) acceso.
E non è un caso, dunque, se proprio di questo tratta la nuova docu-serie originale targata Netflix, The Movies That Made Us (I Film Della Nostra Infanzia, titolo più azzeccato per la versione italiana).
Nata come spin-off della precedente serie The Toys That Made Us (I Giocattoli Della Nostra Infanzia), ne riprende il concept e lo stile spostando però l’attenzione sul mondo del cinema. E, come la serie-madre, anche questo prodotto si dimostra rivolto ad un target ben definito: il pubblico dei millennials, con una predilezione per i nati nel periodo 80-90.
Si tratta, infatti, del periodo in cui l’entertainment per bambini e ragazzi ha visto il suo massimo apice con prodotti destinati a fare la storia del merchandising. E non a caso è stato anche il periodo in cui si è affermato il fenomeno dei blockbusters, spesso legati, per l’appunto, a dei veri e propri franchising (nell’ultima stagione di The Toys That Made Us si è rimarcato molto anche per quanto riguarda la serialità con prodotti come i Power Rangers e le Tartarughe Ninja).
Così, dal grade successo ottenuto dalla serie originaria, nasce questa nuova serie (composta al momento da una stagione da 4 episodi) che si rivela essere un ulteriore “regalo di Natale” per i nostalgici del periodo 80-90 e, in generale, per il pubblico di cinefili e appassionati di home-video.
The Movies That Made Us si concentra, infatti, sui grandi successi “di cassetta”, tutti quei piccoli cult che il pubblico ha imparato a conoscere soprattutto dalle numerose repliche televisive, puntando così sul successo assicurato derivato dal “fattore nostalgia” che questi provocano nello spettatore.
I titoli di cui la serie dispone al momento sono:
- Dirty Dancing
- Home Alone (Mamma Ho Perso l’Aereo)
- Ghostbusters
- Die Hard
Ogni episodio è un enorme “dietro le quinte” (condito da piccoli aneddoti e chicche) che spiega, direttamente dalle parole degli addetti ai lavori, la genesi e il successo di tali capolavori.
L’attenzione si concentra più sui “creatori” fattuali dell’opera (sceneggiatori, registi, effettisti speciali…) più che sulle “star” dei vari film, mostrando l’aspetto soprattutto “artigianale” che si cela dietro le pellicole (alcune di queste agli albori della moderna CGI).
Così vediamo e ascoltiamo, dalle parole degli stessi “artigiani cinematografici” come sono stati ricreati gli interni di Home Alone (in it. Mamma Ho Perso L’Aereo) in un campus abbandonato dell’Illinois, con la piscina della scuola usata per la scena dell’allagamento della casa, così come la neve usata nel film che, in parte è stata ricreata con vai sistemi, in parte è dovuta a un vero e proprio “miracolo natalizio”.
Il tema del “miracolo” è una sorta di leitmotiv che accomuna tutte le pellicole presentate in questa prima stagione. Tutti e quattro i film, infatti, si caratterizzano per essere stati una vera e propria scommessa per autori e produttori che hanno creduto fortemente in questo progetti. Un vero e proprio “viaggio dell’eroe” (per usare un termine caro agli sceneggiatori di fiction).
La docu-serie non rinuncia (forse per la sua stessa natura) ad un po’ di sano storytelling. E proprio come un film di finzione si rege su un equilibrio in cui la descrizione storica e oggettiva della genesi dei film si lega al vissuto e alle vicende personali delle persone che ci hanno lavorato. Si crea così una perfetta simbiosi tra il film stesso e la descrizione del suo “backstage”, quasi come se questi siano un tutt’uno. In questo modo si cattura positivamente l’attenzione dello spettatore tramite l’empatia verso i creatori-lavoratori del mondo dello spettacolo (che hanno seriamente rischiato di vedersi chiudere le proprie carriere se i film non avessero sfondato al botteghino) e per l’effetto sorpresa che questo tipo di racconto provoca.
Oggi, infatti, queste pellicole appaiono abbastanza scontate nel loro status di “cult”. Per cui appare molto strano sentire che, ad esempio, la sceneggiatura di Dirty Dancing venne rifiutata per ben 42 volte prima di vedere la luce grazie all’interesse di una piccola casa di produzione. Allo stesso tempo il racconto delle due autrici-produttrici, Eleanor Bergstein e Linda Gottlieb, e la loro lotta per imporre una protagonista femminile (e temi non usuali al pubblico teenage a cui si rivolgeva, come l’aborto) in un momento in cui, nel mercato cinematografico hollywoodiano (e quindi mondiale), imperava il mito dell’eroe macho dei film d’azione, è sicuramente qualcosa che si riflette anche nella pellicola e nel percorso di formazione del personaggio di Baby (che la Bergstein ha tratto da alcune esperienze vissute di persona da adolescente).
La serie usa così l’empatia per catturare l’attenzione dello spettatore, ma anche una certa dose di ironia, tramite i commenti della voice over che, a tratti, smorzano i commenti (spesso auto-celebrativi) dei protagonisti.
Il montaggio, inoltre, si serve di numerose foto e video di repertorio (compresi errori e scene tagliate) uniti a interviste inedite e foto-montaggi che ricalcano i momenti salienti della creazione delle pellicole.
I creatori della serie usano tutte le tecniche di montaggio creative possibili per rendere al meglio un prodotto di entertainment originale e interessante per ogni appassionato cinefilo, e la tempo stesso un racconto suggestivo di riscatto e orgoglio su pellicole che sono state amate da numerose generazioni di spettatori.
In ogni episodio la scena finale si conclude con una sorta di “ritorno sul luogo del delitto” in cui i protagonisti delle pellicole si trovano, a distanza di anni, sui set esterni (reali) dei film a cui hanno preso parte. Dalle finzione si trona dunque alla realtà in una sorta di cerchio ideale che si chiude, mantenendo comunque intatta la “magia” che si cela dietro a luoghi che, nella memoria collettiva, sono ormai diventati dei veri e propri “santuari” dove ogni singolo mattone ha una storia da raccontare!
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