Bong Joon-ho, tra i più talentuosi e acclamati registi coreani di quest’epoca, scrive (assieme a Han Jin-won) e dirige il film che quest’anno si è aggiudicato la Palma d’oro a Cannes, Parasite. Dopo Snowpiercer e Okja, film realizzati in lingua inglese e con cast internazionali, Bong torna a realizzare un’opera in tutto e per tutto coreana, tra interpreti, lingua e setting. Parasite segue le vicende dell’indigente famiglia Kim che tramite una serie di inganni riesce a farsi assumere alle dipendenze della famiglia Park, ricchissima ma composta da persone decisamente ingenue. Le conseguenze saranno del tutto inaspettate.

Nel cast di Parasite troviamo nomi di tutto rispetto del cinema coreano, da attori ormai consumati come Song Kang-ho (l’inetto capofamiglia Ki-taek) e Cho Yeo-jeong (la ricca Yeon-gyo) a giovani talentuosi come Choi Woo-shik e Park So-dam (rispettivamente Ki-woo e Ki-jeong, figli di Ki-taek). La loro versatilità si sposa alla perfezione con la varietà di registri che il film adotta, riuscendo a centrare il bersaglio emozionale in ogni circostanza.

Lo stesso regista Bong prega chiunque recensisca il suo film di non rivelare gli sviluppi della trama da egli imbastita. Per quanto chi scrive sia contrario alla “criminalizzazione” dello spoiler, il caso di Parasite è diverso dalla norma. Se in altri film lo spoiler si limita a danneggiare la suspense rivelando parti di trama, qui ad essere danneggiata è anche l’efficacia del messaggio di cui Parasite si fa portavoce. Lo scopo di Bong è far sì che il questo messaggio arrivi al pubblico nel modo più diretto e improvviso possibile.

Come i precedenti Snowpiercer e Okja, Parasite affronta infatti tematiche sociali fondamentali, con particolare riguardo per la disparità economica. Le differenze tra il benessere e la povertà sono rispecchiate dall’atmosfera mutevole che passa dalla commedia al dramma e al thriller, spiazzando con situazioni sopra le righe e disturbanti colpi di scena.

La caratterizzazione dei personaggi è perfettamente coerente con il clima multiforme che si respira in Parasite. È tradizione che nello scontro tra classi sociali i meno abbienti siano contraddistinti da qualità virtuose che “compensino” i loro svantaggi, mentre i benestanti vengono mostrati solo nel loro lato più oscuro. Il film di Bong invece ci presenta una famiglia Kim ingannevole e opportunista, e una coppia di coniugi, i Park, che mostra in più occasioni gentilezza e rispetto.

La realtà messa in scena da Parasite è quella di un mondo sfaccettato, nel quale non esistono bene e male assoluti. La lotta dei personaggi ha quasi sempre come scopo la sola sopravvivenza e il benessere dei cari. Il fattore distruttivo in questo mondo è la follia, una follia che però non è innata ma nasce dal lacerante accumulo di frustrazione e rancore derivante dalle durezze della vita. È una situazione immutabile e l’unica soluzione possibile per trarne vantaggi è tentare di avvicinarsi alla vetta dell’agiatezza. Indipendentemente da quanto ciò corromperà il proprio essere.

Scrivi

La tua email non sarà pubblicata