Non solo prodotti statunitensi! Il 1 novembre, Netflix ha pubblicato un film originale italiano, presentato qualche settimana prima in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, L’uomo senza gravità di Marco Bonfanti con Elio Germano.
La pellicola ha un sapore di una favola d’altri tempi dove il protagonista è un giovane che nasce senza gravità ed è costretto ad utilizzare uno zaino per “restare con i piedi per terra”. Nasce in un piccolo paese nel Nord Italia, il piccolo Oscar vive in casa accudito da sua nonna e sua mamma. Tuttavia, il giovane è curioso di esplorare, ma a causa della sua capacità è costretto a nascondersi in montagna. Crescendo sperimenterà il peso della fama e della notorietà.
Dal punto di vista visivo, il film è curatissimo e ben contestualizzato dal punto di vista storico. La vita del paese viene resa molto bene e l’aura intima e famigliare è pregna lungo tutto il suo svolgimento. Molto calorosa e umana, la pellicola punta molto sul fattore umano che è molto importante per evidenziare tematiche universali quali famiglia, sacrificio e amore. Valori senza tempo in cui le capacità del protagonista servono per mostrare valori genuini. Quindi, dal punto di vista informale, il film utilizza uno stile da favola, dove i buoni sentimenti sono il cuore pulsante dell’intera narrazione. Strutturato più sulla commedia, in realtà presenta diversi momenti drammatici che rendono abbastanza veritiera la vita atipica del suo protagonista. Un inno alla spensieratezza e alla leggerezza.
Tuttavia, nonostante queste belle premesse, dal punto di vista dello svolgimento, L’uomo senza gravità si dimostra fragile, insensato e banale. Se nella prima parte, quando era un bambino, la narrazione era impregnata di favola e di buoni sentimenti, la fase adulta perde di emotività e scivola in situazioni banali e incomprensibili. Poco veritiera e con dinamiche forzate. Crescendo il protagonista, la pellicola evolve con lui e si dimostra più concreta e focalizzata sulle avversità della vita, ma alcune situazioni virano sul banale.
Lavorando per differenza e portando la storia in un contesto sociale più intimo e meno legato ai media (anche se nel film viene messo in luce il lato oscuro della televisione), il regista confeziona questo mondo per rendere credibile un personaggio “diverso”, abbinandolo ad un concetto di spensieratezza dove i buoni sentimenti sono dettati dal suo retaggio psicologico. Il mondo esterno è crudele e spietato dove ci sono persone pronte a tutto per approfittarsi delle capacità per profitto. La pellicola è un inno alla vita tranquilla, alla quotidianità di tutti i giorni dove le persone sono genuine, spensierate e vivono la loro vita seguendo valori forti, trovando il giusto equilibrio tra le vicissitudini della vita e la ricerca della felicità.
Complessivamente, L’uomo senza gravità è un film altalenante. Dalle ottime premesse iniziali, la pellicola vira su concetti e situazioni poco credibili che la rendono melensa, lenta e forzata. Troppo focalizzata a mettere in luce il buonismo e la spensieratezza, questi concetti cozzano con le avversità della vita che vengono trattate in maniera troppo semplicistiche. Osa poco e si blocca sui medesimi concetti portando ad un’evoluzione approssimativa del protagonista che cresce ma rimane pur sempre un bambino. In linea con il tono leggero ma ripetitivo nella seconda parte narrativa. Quindi, un film riuscito a metà.
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