Qualche giorno fa (il 25 ottobre per la precisione), Netflix ha pubblicato il suo nuovo film originale, l’attesissimo biopic Dolemite is my Name. Avente come protagonista l’istrionico Eddie Murphy, la pellicola racconta una parte della vita del comico afroamericano, Rudy Ray Moore, in arte Dolemite. Il film mostra l’ascesa di Ray da squattrinato comico a divo delle masse negli anni Settanta.  Una commedia divertente e che porta in risalto una figura fondamentale della cultura statunitense.

L’incipit è molto semplice Rudy è un commesso di un negozio di vinili. Inizialmente cerca di sfondare come cantante ma nessuno lo apprezza. Di sera, introduce in un locale un gruppo musicale, introducendo la musica con delle gag che non fanno ridere. Bistrattato artisticamente, ritorna alle sue radici del ghetto afroamericano e si crea una maschera, un alterego, mixando un pappone e uno del ghetto: l’incisivo e duro: Dolemite. Dalla parlata irriverente e in pure rime baciate, Moore porta Dolemite al successo. La strada per diventare leggenda passa attraverso il sacrificio.

La pellicola offre spunti molto divertenti. Si ride molto e alcune situazioni sono davvero esilaranti. Gag di ottimo livello. A livello di genere, la pellicola sfrutta la commedia per mettere in mostra le condizioni discriminatorie che vivevano le persone di colore negli anni Settanta. Tuttavia, tralascia qualsivoglia elemento politico per concentrarsi su Rudy Ray Moore e sulla sua costruzione della maschera di Dolemite. Una figura che viene dalla strada, dal ghetto e che proprio per il suo linguaggio boccacciano, grezzo e diretto, è entrato nel cuore di milioni di persone.  Il suo stile è entrato nella cultura pop statunitense e ha influenzato enormemente le generazioni future. Basti pensare che dal suo modo di parlare, fatto di rime e di un linguaggio scurrile simile ai papponi americani, è nato il genere rap. Non a caso, i primi rapper afroamericani l’hanno definito come il re, colui che gli ha ispirati.

Il film racconta di un sognatore, di amicizia e di fratellanza. Valori che si sono persi al giorno d’oggi. L’unione fa la forza e la voglia di emergere è preponderante in questo lungometraggio che tratta di seconde opportunità e di volontà. Con la fiducia si possono raggiungere enormi soddisfazioni.

Rudy Ray Moore si esibiva in locali di stand-up comedy, un genere che è diventato popolarissimo negli States e che in Italia è stato sdoganato grazie a Netflix. La pellicola tratta di quel mondo e della costruzione di una maschera, di un altr’ego, che serve a incanalare l’energia e l’attenzione verso un determinato personaggio, sdoppiando la persona “fuori” e “dentro” dal palco.

Eddie Murphy è bravissimo nell’interpretare l’ecclettico Moore e riesce a fornire una ricostruzione dettagliate del leggendario comico. La pellicola è perfetta per mettere in mostra le sue strepitose capacità comiche e per far emergere la sua bravura in situazioni drammatiche. Tuttavia, in numerosi momenti chiave, l’altro attore che ruba la scena è Wesley Snipes che dà vita ad un drogato attore. La sua performance comica è esilarante e divertentissima.

Figlio della blaxploitation della cinematografia degli anni Settanta (da Shaft in poi), Dolemite è una figura poco nota al grande pubblico ma che grazie a questo film viene riscoperta in modo esaustivo e in una maniera che da dignità ad uno dei più grandi fautori della cultura black. Ora, tutti potranno conoscere la figura di Rudy Ray  Moore. Dolemite is my name è una pellicola molto divertente, dalla colonna sonora strepitosa, che mette in mostra valori universali e si concentra sulla costruzione di una delle maschere più influenti della cultura afroamericana. Divertente, dal ritmo incalzante, nel film si ride e si passa una piacevole serata alla scoperta della nascita del mito di Dolemite.

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