Il reduce della guerra del Vietnam John Rambo è senza dubbio uno dei personaggi più iconici del cinema hollywoodiano a partire dagli anni Ottanta. Creato dallo scrittore David Morrell nel 1972 come protagonista del romanzo Primo sangue, è però conosciuto principalmente grazie alla controparte cinematografica che lo ha visto interpretato da Sylvester Stallone. Rambo è apparso in quattro film dal 1982 al 2008, e dopo undici anni è tornato nella sua quinta avventura Rambo: Last Blood, diretto da Adrian Grunberg. Ormai ritiratosi a vita privata, Rambo gestisce il ranch di famiglia assieme all’amica Maria (Adriana Barraza) e alla nipote di quest’ultima, Gabrielle (Yvette Monreal). Quando Gabrielle, fuggita in Messico in cerca di suo padre, viene rapita da un cartello della droga, il padre putativo farà di tutto per salvarla, affrontando l’intera organizzazione.

Rambo è un personaggio più complesso di quanto si potrebbe pensare. Per quanto la sua versione cinematografica sia figlia dell’estetica militarista di epoca reaganiana, non mancava una componente di rimorso nel suo carattere ed era chiara la volontà di mostrare le condizioni di alienazione e stress post-traumatico tipiche dei reduci di guerra. Il Rambo di Last Blood invece è praticamente l’ennesima copia del Liam Neeson di Io vi troverò. Amorevole nei confronti della figlia acquisita, quando questa viene rapita scatena tutta la sua ira ed elimina chiunque possa averle fatto del male. Anche Rambo quindi viene ridotto al ruolo di giocattolo automatico; senza più sfumature di sorta, passa da genitore affettuoso a macchina omicida alla pressione dell’interruttore.

Il popolo messicano non esce affatto bene da Last Blood. Con l’eccezione della giornalista interpretata da Paz Vega, ogni personaggio messicano presentatoci è un criminale o comunque un individuo in qualche modo maligno. Le motivazioni dei loro misfatti sono trattate con il semplicismo più estremo, in modo particolarmente evidente nei riguardi del vero padre di Gabrielle. La situazione si rivela ancora più grave se questi personaggi vengono confrontati con Gabrielle e Maria, messicane di origine ma cittadine degli Stati Uniti. Tutto sembra voler suggerire che l’America le abbia praticamente “salvate” da un ambiente malvagio che le avrebbe trasformate in poco di buono.

Al di là del discutibile approccio nel trattare il rapporto USA/Messico, l’intero Last Blood risulta sottotono nel paragone con i suoi predecessori. Più simile al già citato Io vi troverò che al resto della saga, esce sconfitto dal confronto con entrambi. Troppo stucchevole, privo di mordente e sorretto da una sceneggiatura pigra e poco ispirata, riesce a riprendersi solo negli ultimi violentissimi venti minuti, senza tuttavia che questi riescano a risollevare l’opera nel suo complesso. Tutto per confermare la splendida morale enunciata da Rambo ad inizio trama: le persone non possono cambiare. Lo Stallone di Rocky sarebbe probabilmente molto avvilito una volta uscito dalla sala.

Last Blood, ultimo sangue, è un preciso rimando al titolo del primo film della saga, chiamato in America First Blood come il romanzo. Stallone ha dichiarato di voler tornare in un sequel qualora questo quinto capitolo dovesse avere successo. Come già è successo, si potrebbe fare ironia spicciola sul fatto che, al punto a cui la saga è arrivata, questo sangue dovrebbe restare effettivamente l’ultimo. Di fronte al capitombolo di Last Blood, la scontatezza della battuta passerebbe comunque in secondo piano.

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