Per la gioia di grandi e piccini, arriva nelle sale Toy Story 4 di Josh Cooley, ultimo capitolo di una delle saghe più amate del cinema d’animazione, che nel 1995 inaugurò il sodalizio tra la Disney e la Pixar.
Nello scorso episodio, datato ormai 2010, avevamo lasciato Woody, Buzz Lightyear e la gang di giocattoli con la vivace e fantasiosa Bonnie, alla quale Andy aveva regalato i suoi amati compagni di gioco prima di partire per il college. I nostri protagonisti sono diventati dunque parte del gruppo dei giocattoli della bambina, che non perde occasione per giocare con loro; l’unico che viene lasciato un po’ in disparte è proprio Woody, che nonostante mal sopporti la situazione desidera restare accanto alla sua nuova padroncina, come ha sempre fatto con Andy. Per questa ragione, segue Bonnie alla giornata di accoglienza all’asilo e qui fa la conoscenza di Forky, costruito da lei stessa con materiali di scarto per farne il proprio nuovo migliore amico. Durante una gita in camper nei pressi di un luna park, Forky si smarrisce e nel tentativo di soccorrerlo, Woody si imbatte nella sua vecchia fiamma Bo Peep, la pastorella che anni prima era stata data via dalla mamma di Andy e che ora vive autonomamente con le sue pecore. Insieme a lei, Woody dovrà difendersi dalla bambola Gabby Gabby e i suoi inquietanti scagnozzi, che la fanno da padroni all’interno di un negozio di antiquariato. Alla vicenda si uniscono nuovi simpaticissimi personaggi, come lo stuntman in motocicletta Duke Kaboom, abbandonato anni addietro dal suo bambino, e la coppia Ducky e Bunny, irriverenti peluche in attesa che qualcuno li vinca al tirassegno.
Cast stellare per la versione originale del film che, insieme a Tom Hanks e Tim Allen, vede Christina Hendricks nei “panni” di Gabby Gabby, Keanu Reeves in quelli di Kaboom, Tony Hale in quelli di Forky e Jordan Peele e Keegan-Michael Kay in quelli di Bunny e Ducky; per quanto riguarda il doppiaggio italiano ritroviamo Massimo Dapporto a dare voce a Buzz, al quale si aggiungono Luca Laurenti (Forky), Corrado Guzzanti (Kaboom) e Angelo Maggi in sostituzione del compianto Fabrizio Frizzi.
Nonostante la convinzione che il finale del terzo episodio presentasse una perfetta chiusura dell’arco narrativo e che un ulteriore capitolo potesse risultare superfluo, Toy Story 4 si rivela una conclusione inaspettatamente necessaria, poiché delinea il destino di Woody. Passato dallo status di leader dei giocattoli, da “privilegiato” miglior amico di Andy a oggetto relegato nell’armadio, il cowboy dovrà necessariamente affrontare quest’ultima avventura per comprendere che la sua missione – rendere felice un bambino – è arrivata a compimento. Il nostro eroe affronta quindi il declassamento e vince la paura più grande di ogni giocattolo: quella di diventare inutile e di essere abbandonato; per lui è ormai giunto il momento di vivere autonomamente, al di là dello scopo per cui è stato creato. Conscio del proprio libero arbitrio cede serenamente la sua spilla da sceriffo a Jessie.
In questo percorso di accettazione sarà determinante Bo, figura femminile di grande spessore che nel tempo ha acquisito una particolare consapevolezza e, nonostante la sofferenza per essersi allontanata dalla sua casa, ha ormai imparato a badare a sé stessa e ad apprezzare quella libertà che le consente di scoprire un mondo altrimenti relegato fuori dalla finestra.
Proprio sul dualismo tra il sentimento di appartenenza e quello dell’indipendenza si basa dunque il nucleo della narrazione, con i vari personaggi a dire la propria; se Bo ha infatti imparato a costruire la propria indipendenza, Gabby, Ducky e Bunny soffrono di solitudine e cercano disperatamente di farsi “adottare”, mentre Kaboom si crogiola nella nostalgia del compagno di giochi perduto. Grande merito alla scrittura va dato anche per il concreto approfondimento del personaggio di Bonnie – molto più di spessore rispetto ad Andy – un bambina che come ogni sua coetanea al primo impatto con l’asilo alterna momenti di timore e spensieratezza e, per sentirsi a proprio agio col mondo, usa la fantasia.
Con grande intelligenza, sensibilità e creatività, lo staff Disney Pixar ha potuto infondere ancora una volta nei propri giocattoli animati sentimenti di umanità, dignità, abnegazione e amore paragonabili a quelli dei loro stessi padroni, e forse più che mai ha saputo renderli portatori di concetti filosofici davvero degni di nota per un “semplice” film d’animazione. E per questo non mancheremo di versare qualche lacrimuccia per un happy ending di cui non sapevamo di avere bisogno.
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