Anteprima del Biografilm Festival 2019, il documentario che narra l’incontro tra il regista tedesco e l’ex Presidente dell’URSS.
Si apre nel segno di Werner Herzog la 15esima edizione del Biografilm Festival – International Celebration Of Lives di Bologna.
Il celebre regista tedesco, autore di film cult come Aguirre, furore di Dio e Fitzcarraldo (entrambi con protagonista Klaus Kinski) e documentari come Lo and Behold, visto già in una precedente edizione del festival.
In tutte le opere di Herzog reale e immaginario si mescolano tra loro (anche nel documentario) in una maniera unica. Allo stesso tempo, la sua filmografia si caratterizza per la ricerca di soggetti controversi, di eroi (o, per meglio dire, anti-eroi) in lotta con il mondo, quasi sempre outsider che ricercano utopie e sogni impossibili (tali sono, da esempio, tutti i personaggi interpretati da Klaus Kinski).
Non fa eccezione anche questo Meeting Gorbachev, ultima fatica documentaristica in cui il regista tedesco intavola una vera e propria intervista (anche se il tono colloquiale dei due lo fa sembrare più una sorta di incontro tra amici) con l’ultimo segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (URSS) Mikahil Gorbachev.
Attraverso il dialogo fra i due e le numerose testimonianze di amici, colleghi e personalità politiche, viene fuori un ritratto tragico di Gorbachev. “Tragico” nel senso greco del termine, derivante dal teatro. Si tratta di un personaggio, portatore di conflitti e contraddizioni, che insegue un sogno destinato (in tutto o in parte) ad infrangersi.
Questa è la conclusione alla fine del lungo racconto sulla vita di Gorbachev, dagli inizi come studente di legge all’Università di Mosca fino ai ruoli da tecnocrate all’interno del grande apparato burocratico sovietico (in particolare per quanto riguarda il settore agricolo), fino alla scalata che lo porta, nel 1985, a soli 54 anni, il più giovane Segretario del PCUS e quindi massima carica politica all’interno dell’Unione Sovietica.
Una carriera politica caratterizzata da forti ambivalenze: da un parte la stima internazionale per i grandi risultati conseguiti nel disarmo nucleare la fine della guerra fredda. dall’altra le critiche “interne” del popolo russo per il “tradimento” nei confronti dell’URSS (di cui è stato il principale responsabile della sua disgregazione) e per le politiche economiche non certo popolari.
Tra questi due grandi “poli” della vita dell’ex statista, Herzog cerca soprattutto di tirare fuori la sua “umanità” e il senso che guida le sue azioni. Saltano così all’occhio il rapporto di amicizia/rivalità con i grandi capi di Stato occidentali (Reagan in primis), l’innata curiosità verso le culture diverse e gli altri popoli, maturata nei suoi numerosi viaggi all’estero, e soprattutto il grande amore verso la famiglia. In particolare verso la moglie Raisa, oggetto d’attenzione dell’ultima parte di questa lunga intervista di un’ora e mezza.
Grande importanza viene data anche all’influenza che le riforme di Gorbachev hanno apportato negli stati occidentali. In particolare in Germania dove questo clima di rinnovato ottimismo nei rapporti tra NATO e URSS sarà fondamentale per la caduta del Muro di Berlino nel 1989. Un tema che (per ovvi motivi) sta particolarmente a cuore ad Herzog e che rappresenta la parte più “personale” dell’intervista, altrimenti caratterizzata più dall’assenza del regista che dalla sua presenza, per lasciare lo spazio necessario alle varie testimonianze presenti.
Il racconto che ne viene fuori è ampio e variegato, condito da numerosi filmati e testimonianze, ma mai banale e noioso. Anzi, il ritmo diventa, da un certo momento in poi, sempre più incalzante. Questo è soprattutto il momento in cui la narrazione si lega, inevitabilmente, con l’attualità. Non è certamente difficile immaginare cosa Gorbachev intenda quando parla di “sogno infranto della democrazia in Russia” o quando parla di “poteri forti che mirano a ripristinare la corsa agli armamenti nucleari”. Il costante riferimento allo scenario politico attuale viene lanciato dall’ex Presidente Sovietico come piccole frecciatine qua e là, tra un discorso e un altro, ma l’eco di quelle parole risuona forte nelle orecchie di Herzog così come in quelle dello spettatore presente in sala.
Così il discorso non diventa più solo la testimonianza di un grande protagonista del recente passato (quel Secolo Breve che però sembra essere durato un’eternità dai racconti di chi l’ha vissuto), né una mera celebrazione. Diventa un discorso politico a tutto tondo in cui viene messo in risalto il tema della Pace. Un tema che dovrebbe (il congiuntivo è da sottolineare) essere il motore della politica internazionale, ma che invece viene troppo spesso messo in secondo piano.
Alla “conduzione” sapiente si Herzog bisogna poi aggiungere la co-regia di André Singer, capace di catturare i volti e le espressioni significativi dei due co-protagonisti della pellicola in maniera mirabile.
Meeting Gorbachev diventa così un documentario che guarda soprattutto il passato ma che ha gli occhi orientati verso il futuro. Non il solito documentario storico insomma.
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