Sulla scia ancora fresca di Bohemian Rhapsody debutta nelle sale Rocketman, nuovo film biografico musicale stavolta basato sulla vita di Elton John. Diretto da Dexter Fletcher, che era subentrato a Bryan Singer come regista di Bohemian Rhapsody nelle ultime settimane di riprese, il film narra tramite flashback la vita della star britannica dall’infanzia all’età adulta, per chiudersi nel momento in cui decise di disintossicarsi dalle numerose droghe che assumeva. È proprio in quell’occasione che John (Taron Egerton) inizia a raccontare la sua storia.

A differenza di Bohemian Rhapsody, che era un semplice film musicale, Rocketman ha la struttura di un vero e proprio musical. Mentre il primo vedeva le canzoni dei Queen integrate nel realismo della narrazione, il secondo costruisce vere e proprie sequenze irrealistiche e immaginifiche basandosi sulle hit di Elton John. Una scelta che, se da un lato permette una gradevole incursione nel cinema dell’età dell’oro, dall’altro potrebbe risultare ostico a molti degli spettatori di oggi. Le canzoni di John che compongono la colonna sonora, dal successo ancora oggi perdurante, permettono di mitigare parzialmente questo effetto

I film biografici hanno spesso il problema di risultare troppo retorici e celebrativi, al limite dell’agiografia. Purtroppo neanche Rocketman fa eccezione; soprattutto nelle battute finali, tende a far pesare molto questo aspetto, specie considerando tutte le particolarità che caratterizzano il suo protagonista. Tuttavia, proprio a partire da queste ultime, svolge anche un’importante funzione sociale. In un’epoca come la nostra nella quale l’estensione dei diritti civili e la glorificazione delle eccentricità sono all’ordine del giorno, una figura come quella di Elton John risulta perfetta per veicolare tali tematiche. Al culmine di questa operazione si trova quella che è già immortalata come la prima scena di sesso omosessuale nella storia del cinema di Hollywood.

Insieme alle canzoni di John, la cui forza è comunque assodata da decenni indipendentemente dal film, l’interpretazione di Taron Egerton è senz’altro il più grande punto di forza di Rocketman. Fin dalla prima sequenza è possibile notarlo: un Elton John giunto al centro di disintossicazione con indosso uno sgargiante e pacchiano costume di scena inizia a descriversi. La sua serietà e convinzione finiscono col far distogliere l’attenzione da ciò che sta indossando e ad immergere il pubblico nell’atmosfera drammatica richiesta dal momento. Il resto della sua performance, sia attoriale che canora, rimane sempre su un alto livello. Il tutto senza bisogno di accessori semi-grotteschi come i denti posticci di Rami Malek in Bohemian Rhapsody.

Per quanto insomma Rocketman abbia pregi (quasi) indiscutibili, non riesce comunque pienamente a convincere. Il problema è comune a quello della maggior parte dei biopic musicali del periodo recente, e ciò testimonia una standardizzazione del genere che finisce con l’appiattirne i prodotti. Se la star raccontata appartiene al circuito mainstream, dovrà appartenervi anche il film che la racconta, con tutte le conseguenze del caso. È il tipico scenario del cane che si morde la coda; in questo caso, continuerà a correre probabilmente per sempre.

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