Qualche tempo fa, sul servizio streaming statunitense Hulu, è arrivata la seconda stagione della serie Marvel, The Runaways. Si tratta di un prodotto adolescenziale in cui un gruppo di giovanissimi si ribellano ai loro cattivi genitori che fanno parte di una setta (Pride). Dopo una brillante prima stagione, Hulu, in associazione con la Marvel Television, ha messo in cantiere il proseguimento della storylina con un nuovo ciclo di episodi.

Questa seconda stagione porta avanti, lentamente, le trame lasciate in sospeso nella precedente stagione, tuttavia, mostra progressi stentati e raffazzonati. Il primo ciclo di episodi avevano stupito tutti per qualità, intensità e per la brillante storia. Questa seconda parte mostra dei lenti pregressi ma il vero problema è che non riesce a portare avanti una maturazione, sfruttando tutto il suo potenziale, offrendo nuovi spunti narrativi. Spesso emerge l’allungamento “allungare il brodo”, riproponendo situazioni e dinamiche già viste nella prima stagione, sviluppando, malamente, il proseguimento delle avventure del gruppo di giovanissimi. Infatti, rispetto alla precedente stagione, composta da dieci episodi, quest’ultima presenta ben tredici puntate, rilasciate subito e non più scaglionate, settimana dopo settimana. Una struttura “alla Netflix” che però non ha giovato alla fruizione in blocco del prodotto. La ripetitività narrativa, e il ritmo lento, non incoraggia la visione in binge watching. L’aumento temporale mette in evidenza tutti i punti deboli dello show.

In questi nuovi episodi, i ragazzi acquisiscono una maggior consapevolezza dei propri mezzi e, come si evince dal titolo, diventano dei veri e propri fuggitivi che si ribellano definitivamente ai loro cattivissimi genitori. Questi ultimi sono ancora legati all’alieno Jonah che tenta di recuperare la sua astronave, sepolta in uno scavo edilizio.

L’errore più grossolano di questa seconda stagione è quello di ampliare la prospettiva, estendendo il proprio sguardo anche ai sentimenti e alle dinamiche dei genitori, mettendo in secondo piano il gruppo di adolescenti protagonisti della serie. Tale riflessione produce una ridondanza narrativa che è la causa dell’ingolfamento dello sviluppo diegetico. Molte situazioni si sarebbero potute chiudere con meno tempo, spostando l’attenzione su una nuova storyline che avrebbe potuto essere più interessante e dinamica. Non a caso, la seconda stagione è letteralmente spaccata in due frangenti “fine del capitolo di Jonah” e l’introduzione di una nuova minaccia. La prima parte si conclude in troppo tempo e, in un certo senso, porta via minutaggio per sviluppare in modo adeguato il nuovo pericolo che risulta forzato e banale. La cosa peggiore è che la forzatura disinnesca la potenzialità epica ed emotiva che la storia avrebbe potuto prendere; neutralizzando l’intensità emotiva necessaria per creare quella “sospensione di incredulità narrativa” in grado di caricare di tensione la storia e fornire una buona conclusione di stagione (o un bel cliffhanger). A dimostrare il poco equilibrio diegetico, tale intensità viene costruita e ben gestita nel settimo episodio quando si conclude, con uno scontro epico, la storia di Jonah. Il conflitto con l’alieno è un vero e proprio “finale di stagione”.

Nel gruppo di ragazzi emergono maggiormente Alex, Nico e Karolina. Quest’ultima è alla ricerca della sua origine ed è alla ricerca dei legami con la Chiesa di Gibborim per scoprire la propria identità. Alex diventa una sorta di leader del gruppo, ma, per mantenere la compagnia, è sempre via e non riesce a seguire i conflitti che emergono tra i ragazzi. Nico, invece, attraversa un percorso di vendetta nei confronti di Jonah che la porterà su una strada quasi autodistruttiva. Gert e Molly risultano un po’ meno curate anche se quest’ultima è anch’essa alla ricerca delle sue origini. Chase è ancora scosso per la vicenda del padre e perciò non sa bene come comportarsi all’interno del gruppo.

In molte aspetti, la serie offre i consueti archetipi narrativi di una normale teen drama con liti tra ragazzi, storie d’amore, consapevolezza del proprio io, la scoperta delle proprie origini e dell’orientamento sessuale. Il problema è che, sovente, le dinamiche adolescenziali vengono bilanciate malamente con il resto della storia che presenta assassini, superpoteri e alieni.

In conclusione, la seconda stagione di Runaways mostra dei piccoli segni di progressione, tuttavia, non riesce a trovare una forma narrativa matura ed efficace per poter creare una storyline interessante ed emozionale. Squilibrata sotto molti aspetti, lo show stecca e si dimostra più efficace con un numero limitato di episodi, concentrandosi maggiormente sulle dinamiche che avvengono nel gruppo protagonista. Il ritmo lento di questa seconda stagione mina il buon lavoro della prima parte, in quanto non stimola lo spettatore e proseguire nella visione della storia. Svogliata, apatica e con poche emotività. La seconda stagione di Marvel’s Runaways è una delusione e dimostra ancora una volta che 13 episodi sono troppi per uno show basato sui fumetti.

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