Se i primi tre episodi dell’ottava stagione di Game of Thrones rappresentavano un mini-arco narrativo che permetteva di unirli in un unico colossale “film”, lo stesso non si può dire del quarto episodio, L’ultimo degli Stark (The Last of the Starks), e probabilmente non si potrà dire neanche dei successivi. La mancanza di coerenza geografica e la durata eccessiva rendono infatti difficile armonizzarli come si era fatto con i precedenti. L’ultimo degli Stark, con i suoi 78 minuti di durata e i graduali cambi di location, rientra alla perfezione in questo ragionamento.
La fine della tempesta lasciata dal precedente La lunga notte richiedeva giustamente un momento di quiete. Ecco quindi che Game of Thrones torna ai suoi lunghi dialoghi, stavolta sciorinati durante e dopo la cena della vittoria. Gratificazioni, delusioni, drammi, strizzate d’occhio al fandom: tutto va a costituire una prima parte di episodio che permette la giusta distensione in attesa delle imminenti svolte sul campo di battaglia. Tuttavia, le situazioni e i dialoghi cui assistiamo spesso non risultano all’altezza, non risparmiando neanche momenti di vera e propria implausibilità. Oltretutto, mancano della potenza che contraddistingueva quelli delle stagioni, o anche solo degli episodi, immediatamente precedenti.
Ciò avviene per due motivi: l’avvicinarsi della fine del viaggio e il nuovo status dei protagonisti. Non potendo più la serie dilungarsi in eccesso a causa dell’imminente conclusione, ai personaggi è riservata una quantità di dialoghi risicata e funzionale unicamente all’avanzamento della trama o al coronamento dei rapporti interpersonali. Allo stesso tempo, l’aura ormai eroica e quasi leggendaria dei protagonisti li ha posti in una posizione privilegiata, più vicina al divino che al terreno, distaccata quindi dal suolo sporco che essi condividevano con i comprimari e che rendeva Game of Thrones così vicina all’essere umano “comune”. Tutto risulta freddo, distante, disallineato con il tono generale che emergeva spavaldo nel passato della serie e che l’aveva resa un’eccellente alternativa all’high fantasy in quel periodo dominante nel mondo audiovisivo.
Proseguendo, le cose non migliorano. Come era già capitato nella settima stagione, i vantaggi tattici concessi al personaggio di Euron e in special modo alla sua flotta risultano forzati e implausibili, concessi solo e unicamente per indebolire gli eserciti avversari a scopo di un riequilibrio generale delle forze in gioco. È il finale a risollevare in parte L’ultimo degli Stark: i minuti conclusivi sono carichi di tensione e coinvolgono inevitabilmente, grazie anche alla sempre efficace performance attoriale di Peter Dinklage, da sempre tra le punte di diamante della serie. La resa dei conti si avvicina inesorabile, e oltre alla minaccia all’orizzonte incombe anche quella serpeggiante tra i ranghi dell’esercito di Daenerys; uno scontro finale tra l’aspirante regina e l’acclamatissimo Jon Snow è sempre più probabile.
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