Recensione dell’anime rivelazione dell’ultimo periodo, presto in Italia per 3 giorni grazie a Dynit.
“Ma come te ne esci, così di punto in bianco?”
Parafrasando Cristina D’Avena si potrebbe dire che “in un giorno di pioggia Sakura e Haruki s’incontrano in ospedale per caso”. E da qui incomincia la loro relazione particolare nel momento in cui Haruki trova, per caso, il diario segreto di Sakura in cui lei rivela di avere un tumore al pancreas per cui rischia ogni giorno la morte.
Dopo questa importante rivelazione tra i due personaggi, così estremamente diversi per carattere e natura, sembra nascere qualcosa, una sorte di “patto di collaborazione” per aiutarsi a vicenda e superare i rispettivi drammi interiori.
Tratto dal pluripremiato romanzo di Yoru Sumino, Voglio mangiare il tuo pancreas è l’ultimo grande appuntamento della stagione degli anime al cinema, una rassegna curata da Nexo Digital e Dynit che mira a portare nel mondo il meglio della produzione anime mondiale.
Così, dal 21 al 23 gennaio sarà possibile vedere, anche nelle nostre sale, questo ultimo lavoro di Shinichiro Ushijima (già regista delle serie d’animazione One Punch Man e Hunter x Hunter).
Tutta la storia ruota attorno a questa strana coppia di personaggi, i quali sono, come dichiarato da loro stesi, agli antipodi l’uno con l’altro. Così come Sakura è sempre solare ed estroversa (pur nascondendo una sorta di “ombrosità” dovuta alla sua condizione), così Haruki è sempre ombroso ed introverso, concentrato solo sulla lettura dei suoi libri.
L’incontro e la successiva relazione che s’instaura tra i due è il motore di tutta l’azione del film, un percorso di formazione continuo che i due fanno lungo tutte le due ore e mezza di film.
A prima vista potrebbe sembrare che la storia rientri in un genere narrativo ben preciso: quello della sick-lit.
Le storie che uniscono malattie (più o meno terminali) e buoni sentimenti sono un must della letteratura e della filmografia cosiddetta “Young Adult”. In questo filone può essere tranquillamente inserito anche questo film, con la differenza che la relazione che si crea tra i due co-protagonisti sembra essere fatta apposta per sovvertire i canoni di questa narrazione.
Innanzitutto, dall’inizio alla fine non è ben chiaro il tipo di rapporto che intercorre tra i due. Semplice amicizia? Compassione reciproca? Una qualche forma di eros?
L’unica cosa certa è che i due compiono un vero e proprio percorso di affettività, la cui conclusione però è lasciata interamente all’interpretazione dello spettatore.
Il quale segue (o, per meglio dire, è portato a seguire) la narrazione da entrambi i punti di vista, prima di Haruki e poi di Sakura, scoprendo lentamente i segreti dei due personaggi.
Il tutto condito da continue citazioni letterarie colte (una su tutte Il piccolo principe di Saint-Exupery) e metafore continue che traspaiono dai dialoghi dei due, che spaziano dal mondo animale (le interiora, da cui il titolo) a quello vegetale (i fiori e la primavera, come “morte” e “rinascita” insieme).
Potrebbe sembrare, ad un certo punto, che questa “guida passiva” allo spettatore possa risultare banale e stantia, ma in realtà il film presenta una costruzione dell’intreccio narrativo molto più stratificata di quanto si posa sembrare. E il finale fa capire bene come, nonostante l’apparente caos (e caso, che sembra muovere costantemente le azioni dei personaggi) c’è dietro una logica ben precisa, che sta solo allo spettatore di ri-costruire.
Tale “gioco” narrativo basato sui piccoli dettagli della vita privata dei due, che saltano fuori nei momenti topici della storia, è la base di tutta la trama e quello che fa stare mirabilmente in piedi tutto quanto.
A questo si aggiungono le musiche e le canzoni del film ,particolarmente studiate, e la grafica che riesce a rendere semplice e immediata la riconoscibilità delle situazioni. Una semplicità che è però, allo stesso tempo, elaborata e “ricercata”, che non lesina anche sperimentazioni visive degne di nota, unite all’uso di simbolismi visivi molto interessanti.
Ci sono tutti gli elementi per poter dire che Voglio mangiare il tuo pancreas è una delle sorprese migliori di questa stagione di anime, qualcosa che colpisce non tanto per gli effetti visivi quanto per la sua (non) banale semplicità e schiettezza.
La forza della storia sta principalmente tutta nel suo storytelling preciso e dettagliato e nell’alchimia che si costruisce tra i due protagonisti, che si rivelano essere dei personaggi veramente “a tutto tondo” nonostante, all’inizio, sembrino un po’ dei cliché.
Voglio mangiare il tuo pancreas è una storia di formazione che va “vissuta” per intero pur sopportando alcuni inevitabili aspetti “triti e ritriti” e portando pazienza “come i ciliegi che aspettano pazientemente la primavera”.
Ma se si riescono a superare le iniziali diffidenze allora si può certamente godere di un’opera sincera e appassionante che affronta argomenti sicuramente non banali, con uno stile decisamente poetico e unico nel suo genere.
Lasciatevi dunque ispirare dalla forza dei sentimenti e vedrete che non ve ne pentirete!
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