Sbarca online il nuovo cortometraggio Pixar candidato agli Oscar 2019.
Domee Shi è una giovane regista e animatrice di nazionalità sino-canadese. Dopo aver collaborato ad alcune pellicole targate Pixar (Inside Out, Incredibles 2 e Toy Story 4) esordisce alla regia di un cortometraggio animato, Bao, diventando così la prima regista donna di un corto della Pixar.
Ma non è l’unica innovazione di cui può fregiarsi il cortometraggio che ha fatto d’apertura a Incredibles 2. Il corto in questione, infatti, ha debuttato direttamente al Tribeca Film Festival, con il plauso della critica e del pubblico, e ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui l’International Online Cinema Award.
Dulcis in fundo, di recente è entrato a far parte della shortlist dei candidati ai prossimi Premi Oscar 2019 come Miglior Cortometraggio D’Animazione.
I motivi per cui questo cortometraggio ha suscitato tanto interesse sono molteplici.
Innanzitutto la vicenda narrata: una donna sino-canadese, insoddisfatta della sua quotidiana routine, ha la possibilità di scoprire la maternità quando uno dei suoi baozi prende vita diventando un “bambino-baozi”. Dopo una prima sorpresa iniziale, la donna decide di crescere questo bambino-baozi che diventa, di fatto, suo figlio e con cui vive tutte le fasi della vita, dalla prima infanzia fino all’adolescenza e quindi, all’età adulta.
La Pixar ormai ha abituato il proprio pubblico a storie particolari e trasversali, capaci di adattarsi agilmente a vari tipi di target e trascendendo i canoni del semplice “cartone animato per bambini”. Ma qui il salto è molto netto. La tematica trattata è incredibilmente “adulta” (la maternità) e per di più il punto di vista è proprio quello di un adulto.
Già Up aveva cercato di far entrare il mondo degli adulti (in quel caso delle persone anziane) in un lungometraggio animato, ma lì il protagonista (Carl), anche se “adulto” aveva modi di fare e comportamenti che potevano tranquillamente essere recepiti come “bambineschi”, per cui anche il pubblico di bambini poteva empatizzare con lui.
Questo corto non cerca quel tipo di empatia, il punto di vista è solo quello della protagonista ed è chiaramente un punto di vista “adulto”, pur mettendo in campo sentimenti che possono essere universali (per tutte le età) come l’amore e l’affetto materno. Ma che da un certo momento in poi (l’adolescenza) diventano per forza di cose conflittuali.
Nonostante questo il finale cerca in qualche modo di conciliare le diverse posizioni (della donna e del bambino-baozi) trovando così quell’equilibrio che fa gridare all’happy ending. Per cui, alla fine del corto, qualunque sia il target che lo guarda sicuramente la reazione è positiva. Rimane comunque uno degli esperimenti narrativi più interessanti fatti dalla Pixar, e solo per questo motivo una visione la merita (il corto lo si può trovare tranquillamente in versione integrale su Youtube).
Un altro motivo d’interesse è la scelta dell’ambientazione e dei personaggi. Si tratta di uno dei primi prodotti che mette in mostra la comunità sino-canadese di cui la regista stessa è appartenente. Un’attenzione verso il glocalismo che fa ormai parte della tradizione Pixar (basti pensare al grande successo di Ribelle-The Brave e Coco) e che rende ogni singolo prodotto veramente particolare e originale nel suo genere. La regista Domee Shi ha chiaramente preso spunto dal suo vissuto per scrivere questa “favola contemporanea” e dimostra perciò una precisa conoscenza dell’ambiente narrativo da lei ri-costruito, imperniato da elementi locali ma, allo stesso tempo, capaci di diventare anche globali e comprensibili anche ai non sino-canadesi.
Bisogna poi aggiungere che ogni cortometraggio Pixar è pensato per poter sperimentare soprattutto a livello tecnico-registico. Non a caso molti dei suoi lungometraggi d’animazione hanno usufruito delle innovazioni tecniche dei cortometraggi precedenti (è evidente l’influenza di Il gioco di Geri su Up e di L’agnello rimbalzello per creare i successivi animali Pixar) .
In questo cortometraggio è possibile notare un’attenzione particolare per le diverse sfumature cromatiche della luce sui personaggi, come mai si era visto prima in qualsiasi altro prodotto targato Pixar. Allo stesso modo la CGI riesce a rendere molto bene la corposità dei baozi e, in particolare, la fluidità del “bambino-baozi” (nonché il suo essere particolarmente molle e snodabile).
Sono piccoli dettagli certamente, ma in sé sono anche innovazioni tecniche non da poco, le quali dimostrano ancora una volta (come se ce ne fosse bisogno) che la Pixar è ancora la prima casa di produzione per quanto riguarda le sperimentazioni nel campo dell’animazione.
Una sperimentazione continua che passa dal campo puramente tecnico al campo narrativo, con l’uno che influenza l’altro a vicenda.
Bao è dunque l’ultimo frutto di un lavoro costante di ricerca che la casa di produzione fondata da Steve Jobs continua imperterrita a percorrere, con ampi e apprezzati risultati!
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