Dopo i successi ottenuti al cinema come sceneggiatore e in televisione come creatore della serie Netflix Daredevil, Drew Goddard torna in sala scrivendo e dirigendo il thriller 7 sconosciuti a El Royale. Il cast corale comprende attori celebri quali Jeff Bridges, Jon Hamm, Dakota Johnson e Chris Hemsworth, assieme ad altri leggermente meno conosciuti quali Cynthia Erivo, Cailee Spaeny e Lewis Pullman. Goddard ambienta la trama nel 1969 all’interno di El Royale, un immaginario hotel al confine tra California e Nevada, e la costruisce attorno alle vicende dei sette sconosciuti del titolo, ognuno dei quali ha un segreto da nascondere. Inevitabilmente, l’intreccio di tali vicende avrà risvolti tragici.
Nonostante la moltitudine di protagonisti, la trama riesce a dare la giusta importanza ad ognuno di essi. Uno degli aspetti del film che più colpiscono è l’estrema varietà di situazioni che coinvolgono i personaggi. Si passa dall’agente FBI sotto copertura al rapinatore in cerca del malloppo, passando per le due sorelle in fuga e l’aspirante cantante soul in difficoltà. Tutte le loro vicissitudini passate e presenti risultano funzionali alla costruzione degli eventi dell’hotel, in un continuo intrecciarsi che rende la visione sempre molto stimolante.
L’estetica tarantiniana è evidente fin dai primi minuti. Messa in scena, narrazione non lineare, dialoghi, uso della violenza: tutto in qualche modo rimanda al celebre regista e sceneggiatore hollywoodiano, non riuscendo però a cogliere la genialità e gli intenti autoriali di quest’ultimo e restando essenzialmente una patina che ricopre la superficie di un film non altrettanto brillante, seppur certamente piacevole. Si può quasi dire che 7 sconosciuti a El Royale assomigli ad una versione “semplificata” delle opere di Tarantino, che privilegia l’azione e la narrazione rispetto al lavoro di rivisitazione dei generi svolto dal regista californiano.
Molto più interessante è invece il sottobosco storico e politico che orbita attorno agli avvenimenti dell’hotel. Uno degli elementi attorno ai quali ruota la trama del film è il filmato compromettente che riguarda una certa figura pubblica: descritta come ormai deceduta ma molto stimata dal popolo americano, la possibilità di infangarla ha un valore incalcolabile per gli eventuali interessati. Tale figura non viene mai nominata, ma partendo dagli indizi che El Royale dissemina esiste la possibilità che questa figura sia addirittura l’ex presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy. Altro riferimento storico è l’immancabile guerra del Vietnam, in corso in quegli anni, che permetterà l’utilizzo di un plot twist necessario ai protagonisti. Una maggiore sottigliezza nel riferimento riguarda invece il personaggio di Chris Hemsworth e la setta di fanatici e omicidi da lui guidata, palesemente ispirati a Charles Manson e alla sua “famiglia”.
Tirando le somme, la ricchezza di elementi presente in El Royale e la sua costruzione narrativa multifocale e per certi versi atipica nel panorama hollywoodiano riescono a compensare la durata forse eccessiva ed alcune scelte di trama non proprio brillanti. Ora più che mai, trovare nel circuito mainstream un film che si discosti anche solo leggermente dagli schemi preimpostati dei blockbuster e del cinema di genere fotocopiato innumerevoli volte è sempre una piacevole scoperta.
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