La produzione della sesta e ultima stagione di House of Cards è stata dilaniata dallo scandalo sessuale di Kevin Spacey. Il protagonista maschile principale è stato cosi fatto fuori dalla serie che però perde di carisma ed è “vittima della produzione, essendo stata costretta a riscrivere in fretta e furia tutta la storia. Difatti, la produzione era già in corso quando lo scandalo è scoppiato, pertanto tutta la storyline è stata modificata per eliminare Frank Underwood dalla storia. Tale cambiamento ha portato ad un accentramento della storia attorno a Claire, protagonista femminile che si ritrova padrona assoluta della scena. Purtroppo, questo repentino ri-modellamento non ha portato nessun beneficiò e perciò la sesta e ultima stagione si rivela la più brutta dell’intera serie. Prima vi uno dei due poli, lo show perde sotto tutti i punti di vista. La scelta di Netflix di escludere Kevin Spacey è stata encomiabile ma gli si è rivoltata contro, visto il pessimo prodotto confezionato. Sarebbe stato più idoneo cancellare l’intero show e finire con il colpo finale della quinta stagione…. Sarebbe stato un finale migliore rispetto a quello presentato in quest’ultima.

Si tratta di un’amara fine per una delle prime produzioni originali seriali del colosso dello streaming.  Infatti, della forza e dell’impatto delle prime stagioni (coadiuvate anche dalla mano di David Fincher) non è rimasta nessuna traccia. Ciò che è rimasto è l’affetto per i personaggi principali che sono gravitati nella trama dei coniugi Underwood. Tutto il resto è però noia.

La sesta stagione presenta otto nuove puntate che puntano tutta l’attenzione verso Claire Underwood diventata ormai Presidente degli Stati Uniti. Quest’ultimo ciclo di episodi spazza via “il caso Kevin Spacey” rendendolo il motore dell’intera storyline. Francis è morto in circostanza più o meno misteriose e tale perdita ha toccato in maniera profonda tutte le persone che lo hanno conosciuto. Sia in positivo che in negativo. Claire, subentrata al marito per “dimissioni”, è costretta a guardarsi le spalle da tutti coloro che non la ritengono idonea alla guida del paese in quanto “candidata non meritevole”.  Quindi, da ottima leonessa, è costretta a combattere contro tutti per salvarsi.

Nonostante la bravura dell’ottima Robin Wright, quest’ultima stagione ha notevoli difetti: notevoli digressioni, buchi temporali e una storia caotica e raffazzonata. La perdita di Spacey ha decretato la fine dell’epopea sulla satira del potere. Questa nuova stagione puntata tutto sul femminismo, sulla forza delle donne senza proporre una storia ben congegnata e con uno sviluppo narrativo ben definito. Alla fine, anche le sottotrame femministe, convergono in soliti cliché e stereotipi. Le donne sono sempre costrette a “mostrare gli attributi” per essere ascoltate e accettate. Vero che i protagonisti “giocano a carte” e hanno capacità manipolative e perciò questo espediente narrativo agisce in maniera ambigua in quanto la donna è consapevole di tale stereotipo e quindi lo rigira a proprio favore. Il femminismo viene perciò usato per veicolare un messaggio di uguaglianza per mostrare che anche le donne posso essere ambizione, crudeli e diaboliche come gli uomini.

Termina così, con una parabola esponenziale discendente, l’epopea seriale di House of Cards uno show originale che rimarrà un cult nel panorama televisivo. La satira sul potere e sulle macchinazioni degli uomini al potere si è esaurita, senza mostrare il “canto del cigno”. Senza sparare le ultime cartucce. Tuttavia, lo show aveva già detto tutto ciò che poteva esternare ed era in fase “di picco” da almeno due stagioni. Quindi, sotto certi aspetti, House of Cards si è spento senza clamore, seguendo il proprio percorso naturale. Quest’ultima stagione non cancellerà i bei momenti televisivi di alcuni episodi, tuttavia, da appassionato, è triste far notare il declino repentino di uno show amato. Nonostante ciò, la serie ha dato il suo contributo anche dal punto di vista della percezione del panorama televisivo.  Infatti, lo show è stato uno dei primi prodotti seriali a portare sul “piccolo schermo” attori del “grande schermo”. Ha sdoganato tale principio e ha cambiato la percezione del mezzo seriale televisivo. Nel 2013 non era la norma e veniva percepito come una regressione di carriera.  Un lascito che ha grande importanza e che ha delle ripercussioni nell’attuale sistema seriale televisivo. 

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