Opera prima del regista danese Kaspar Rune Larsen, il film Denmark è stato presentato in Italia al Milano Film Festival. Si tratta di una storia genuina, onesta e che racconta la vita adolescenziale in maniera “realista” e riflessiva.
Il plot è molto semplice. La sedicenne Josephine scopre di essere incinta e decide di rivelare la paternità a Norge un ragazzo di qualche anno più di lei, che conosce a malapena. La ragazza è decisa ad abortire e inizia a vivere a casa del ragazzo. I due iniziano a conoscersi e a provare un sentimento più profondo.
La pellicola verte sul senso di responsabilità e sulla riflessione di cosa significhi la maternità/paternità. Il peso e la paura nel farsi carico di un fardello importante: una nuova vita.
Denmark racconta una comunità giovanile promiscua, fissata con erba e alcool. Una gioventù che si gode la vita e che è priva di quella maturità in grado di farsi carico delle responsabilità che la vita gli mette di fronte. Per i due ragazzi protagonisti è quasi un percorso di formazione in quanto mutano il loro atteggiamento. In particolare, Josephine vive un arco narrativo di maturazione mentre Norge, nonostante accarezzi l’idea di diventare padre, fatica ad ingranare e farsi carico di un peso del genere. È e rimane un sognatore che vuole vivere alla giornata. Sogna di cambiare vita grazie alla sua bravura con lo skate ma non ha un piano ben definito. La ragazza, invece, mostra una riflessione e convinzione molto forte ed è consapevole di ciò che vuole. Tra i due evolve una relazione partendo da una situazione complicata. Le emozioni accrescono ed è chiaro che l’ipotetica nascita è solo un punto di partenza della loro relazione. Un evento che però, può limitare la vita e che potrebbe cambiare radicalmente la vita e le speranze dei due protagonisti.
Lo sguardo è molto nichilista e pragmatico, si va sul sodo subito e i toni sono molto fluidi e omogenei. Un cinema verità dove la vita dei due ragazzi viene raccontata seguendo una possibile situazione sfruttando uno stile narrativo quasi documentaristico. La realtà così com’è con dialoghi realisti e situazioni oneste e mai forzate. La gioventù viene mostrata seguendo una prospettiva interessante e senza prendere una posizione definita. Non c’è criticità e né moralità nella storia. Una visione “neo-realista” da “cinema verità” che conferisce spessore, emozione e drammaticità al film.
Lo stile registico rafforza questa volontà di raccontare una situazione reale utilizzando un montaggio lineare spontaneo e utilizzando costantemente la camera a mano. Inoltre, l’assenza di musiche e di elementi extra-diegetici incrementano il lato empatico ed emozionale, costruendo il racconto per sottrazione.
Denmark è un film molto diretto, onesto e naturale. Una storia adolescenziale che nasce in modo non convenzionale e che si sviluppa in maniera fluida e omogenea. Spesso i racconti adolescenziali si soffermano su elementi negativi e non si pongono mai nel mezzo della situazione, proponendo una storia con varie sfumature. Ebbene, il film di Kaspar Rune Larsen è un buon lungometraggio. Onesto, diretto, empatico e naturale, tratta della gravidanza giovanile senza filtri morali ed etici. Un racconto schietto che affronta una dinamica complessa mostrando una sensibilità emotiva e mettendo in scena varie sfumature.
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