Escape Plan, uscito ormai nel 2013, rappresentava un tentativo di sfruttare la nostalgia per due divi del cinema action del passato (Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger), inserendoli in un contesto che li vedeva come veterani dell’azione, allo stesso modo della trilogia de I mercenari. Il suo seguito Escape Plan 2 – Ritorno all’inferno presenta solo Stallone de i due, ma aggiunge al cast Dave Bautista e l’attore e popstar cinese Huang Xiaoming tra i protagonisti. Stavolta sarà proprio il personaggio di quest’ultimo, Shu, a dover fuggire dall’intricatissima prigione dall’evocativo nome di Ade, come il Ray Breslin di Stallone era fuggito dalla struttura nota come la Tomba nel capitolo precedente.
L’influenza della coproduzione Stati Uniti-Cina è palese. Se il primo Escape Plan era poco più di un’operazione nostalgica, il secondo dirotta del tutto questo sentimento focalizzandosi sull’esaltazione dell’azione e sulla centralità di Shu, con la squadra di Breslin e Trent DeRosa (Bautista) che interverrà direttamente soltanto in seguito. Capiamo quindi che Ritorno all’inferno, pur avendo una trama molto simile a quella del predecessore, è stato impostato in una maniera abbastanza diversa; resta da vedere quanto funzioni come film.
“Quasi per nulla” è l’unica risposta che si possa dare: ritmo sproporzionato, trama inutilmente complicata e situazioni esageratamente sopra le righe persino nel confronto con il primo film. Il tutto raccontato con la regia action più anonima possibile. Il motivo per cui è davvero difficile parlare di Ritorno all’inferno è proprio questo, la sua anonimia generale; nemmeno il carisma degli attori basta a risollevarlo dato che, probabilmente anche a causa della sceneggiatura approssimativa, nessuno di essi riesce a coinvolgere quanto basta per continuare la visione senza intoppi.
Ciò che veramente dimostra quanto il film sia carente è il fatto che il suo aspetto più interessante riguardi in realtà, piuttosto che il film stesso, il mondo al di fuori di questo. I produttori hanno infatti avuto l’arroganza di progettare Ritorno all’inferno come il primo di due film che avrebbero dovuto comporre il sequel: il cliffhanger finale mostra infatti Breslin e i suoi che dichiarano guerra al vero villain della storia, anticipando una resa dei conti che verrà mostrata nel capitolo successivo, già in produzione. Avere una supponenza simile quando quel che si distribuisce è di una qualità così infima non può che essere un particolare degno di nota nel parlare di Escape Plan 2.
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