Carissimi lettori di CineOn amanti del sangue, benvenuti! Questa è la rubrica che fa per voi.

Per inaugurare questo angolo intriso di budella e cattiveria ho scelto un titolo fresco fresco di sala ma che nei vari festival ha già fatto furore (Torino e Stiges, per dirne due). Revenge della francese Coralie Fargeat è un’opera prima che mi ha molto colpita per il suo stile potente e deciso, che riporta in auge il rape&revenge, sottogenere che negli anni Settanta aveva fatto rizzare i capelli a un pubblico non ancora pronto a visioni di un certo tipo.

ATTENZIONE: continuate a leggere solo se non temete gli spoiler, altrimenti godetevi il film!

La storia di Revenge ha inizio in una splendida villa in mezzo al deserto, dove il miliardario Richard si appresta a trascorre due giorni di fuoco con l’amante Jen, prima di dare inizio alla rituale battuta di caccia con i colleghi Stan e Dimitri. Ma i due anticipano l’arrivo, rovinando i piani di Richard e rimanendo letteralmente a bocca aperta nel vederlo in compagnia di una splendida bionda. Ormai il danno è fatto e l’adulterio è palese, quindi i quattro decidono di divertirsi con alcool e musica a bordo piscina. Folgorato e visibilmente eccitato dalle movenze di Jen, Stan approfitta della lontananza di Richard e il giorno dopo tenta di portarsela a letto, ma al suo rifiuto non esita ad aggredirla sessualmente, sotto lo sguardo indifferente di Dimitri. Scoperto il fattaccio, Richard tenta di salvare la situazione offrendo a Jen del denaro, ma la ragazza fugge via in preda al panico, finendo per essere spinta giù da un dirupo e infilzata da un arbusto che le trapassa il costato. A questo punto entra in gioco la fortissima componente simbolica del film, poiché Jen, che dovrebbe essere spacciata, trova la forza per rialzarsi e come una fenice rinasce dalle sue stesse ceneri per sfuggire ai tre bastardi che la cercano per eliminarla. Con la complicità di una natura selvaggia e insidiosa, che tuttavia non sembra esserle così ostile, Jen assume una nuova identità: la percezione del suo corpo cambia radicalmente, è una creatura selvaggia e “sporca”, divenuta un tutt’uno con la terra, mossa dal puro istinto di sopravvivenza, che trova il modo di rimettersi in sesto e cauterizzarsi l’orrenda ferita (con una trovata a dir poco geniale). Approfittando inoltre delle proprietà palliative e allucinatorie del peyote, sarà in grado di muoversi agilmente sui sentieri rocciosi senza sentire il dolore. Sarà solo questione di tempo per i tre che le danno la caccia, che verranno eliminati uno a uno.

Fin dalle prime battute del film, appare palese che la Fargeat ha le idee ben chiare su cosa e come deve essere rappresentato. Sì, perché Revenge è una provocazione bella e buona, lontana dai canonici esemplari del sottogenere in questione. Innanzitutto, assistiamo a un’innovativa costruzione della protagonista: femminile e disinibita, Jen non è la classica vittima, è una lolita in rosa che non disdegna gli uomini sposati e gli sguardi sul suo corpo perfetto, sul quale l’obiettivo della macchina da presa indugia avidamente. Eppure non risulta mai troppo volgare o provocante, piuttosto dotata una sensuale ingenuità. Ma per il maschio-animale il binomio bellezza/disinibizione e il rifiuto sono sufficienti per uno stupro che è la donna, naturalmente, ad aver provocato. La regista tocca quindi con estrema intelligenza un tema molto scottante, proponendo una situazione che purtroppo ha fin troppi riscontri nella vita di tutti i giorni. Nella seconda parte del film, inoltre, la “nuova” Jen, più che cercare vendetta, deve assolutamente trovare il modo di difendersi e per questo imbraccia un fucile e va alla ricerca dei suoi aguzzini. A questo proposito, anche le morti dei tre posseggono una forte carica simbolica: Dimitri, che ha avuto la colpa di vedere e non intervenire, viene pugnalato agli occhi, Stan viene a sua volta penetrato (da un vetro e poi da una pallottola) e Richard, ferito anche lui al costato, finisce completamente nudo in una pozza di sangue. Insomma, una degna fine per tre cacciatori divenuti prede.

In secondo luogo, la regista decide di rendere il tutto fortemente estetizzante e di confezionare una vera e propria opera splatter-pop, scegliendo una location meravigliosamente inospitale (in Marocco) e utilizzando musica elettronica martellante, un montaggio frenetico, cadenzato e a tratti psichedelico, colori a contrasto, netti e sgargianti, e immagini metaforiche disseminate qua e là. Senza naturalmente dimenticare gli ettolitri di sangue che inondano la pellicola come se fosse la tela di un dipinto. Ogni inquadratura è frutto di una raffinata abilità, specialmente per i piani sequenza e i dettagli ravvicinatissimi. Scelta vincente, inoltre, la scelta dell’italianissima Matilda Lutz, che ritrae un’eroina di poche parole ma di grande dolcezza e determinazione, ispirandosi, a suo dire, un po’ a Marilyn Monroe e un po’ a una pantera.

Anche se è uscito nelle sale da pochi giorni, devo dire che Revenge ha fatto già parlare molto di sé grazie all’abile campagna social targata Midnight Factory ma soprattutto alla solerzia degli utenti, che hanno spinto la stessa distribuzione a diffondere un intelligentissimo trailer che ne riporta i commenti. Il tono potete benissimo immaginarlo: “le donne non fanno paura a nessuno”, “quando capiranno che le donne vanno bene solo per i ruoli drammatici sarà troppo tardi”, “bella merda. Donne frustrate e insicure accorrete!” e così via. Altri interventi, meno beceri, biasimano invece l’abuso del concetto di violenza di genere, di un femminismo esasperato e ipocrita oppure la presunta assurdità della pellicola, incuranti del fatto che un qualunque film d’azione è solito sfidare le comuni leggi della fisica. L’intento di Revenge, è bene specificarlo, non è certo quello di dipingere l’uomo come una bestia o di ritenere lecito ripagare la violenza con altra violenza, ma piuttosto quello di rivendicare il diritto della donna a essere sé stessa, senza per questo divenire oggetto di molestie o essere disprezzata perché ha osato opporre resistenza.

C’è da dire, dunque, che l’intento provocatorio della Fargeat ha perfettamente centrato l’obiettivo, scatenando reazioni contrastanti e spingendo i curiosi, come la sottoscritta, a precipitarsi al cinema; ma soprattutto confermando che in un particolare momento storico come il nostro abbiamo assolutamente bisogno di donne in grado di combattere, anche imbracciando una cinepresa.

trailer haters_ revenge

"Le donne non fanno paura a nessuno!"Un "rape & revenge" girato da una regista donna e con una supereroina tutta al femminile: un binomio che già ha scatenato i commenti degli haters.Non ci credi? Guarda e condividi il trailer speciale di Revenge.#RevengeFilmIT, dal 6 settembre al cinema.

Pubblicato da Midnight Factory su Martedì 28 agosto 2018

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