“It’s important that we understand each other because this is a serious matter”
(Dall’incipit di Dreaming Murakami)
C’è un rospo gigante che si risveglia nel mezzo di un bosco in Giappone. Sta cercando alleati per combattere una battaglia contro il Grande Verme.
E c’è una traduttrice che si prepara per incominciare un lavoro su Ascolta la canzone del vento, opera prima dello scrittore giapponese Haruki Murakami.
Se non fosse che Dreaming Murakami è il titolo di un documentario danese (diretto dal regista Nitesh Anjaan), vista la trama potrebbe tranquillamente essere un racconto uscito proprio dalle mani dell’autore di Norwegian Wood, con la sua poetica che oscilla perenne tra realtà e sogno.
Il film parte dal lavoro che la traduttrice danese Mette Holm fa sul primo romanzo dell’autore giapponese. Ma si capisce subito che il tema principale del documentario è un altro. Si parla soprattutto del viaggio che questa compie nel Giappone contemporaneo, alla ricerca dei luoghi e delle sensazioni che lei stessa legge continuamente nei romanzi che si trova a dover tradurre.
Da qui parte una lunga riflessione sul valore della parola e sul lavoro della traduzione, dal verbo latino trado che vuol dire, in primo luogo, “condurre, portare”. E in effetti la traduzione è da sempre veicolo principale per portare le persone (anche se non fisicamente) in altri luoghi. Per questo Mette Holm decide di compiere un lavoro di traduzione a 360 gradi, partendo lei stessa per il paese del Sol Levante, e portando con sé lo spettatore che si trova così catapultato in un mondo lontano eppure così vicino a lui.
Basta poco, infatti, per scoprire che, nonostante le differenze spesso inconciliabili tra la cultura occidentale e quella orientale, possono esserci però anche dei punti comuni tra questi due mondi,che partono dalle reciproche riflessioni sulla condizione umana e sui sentimenti personali e quotidiani.
Temi che, guarda caso, sono proprio quelli trattati da Murakami ne suoi romanzi.
Così si scopre che anche ai giapponesi piace ascoltare la musica rock anni 50 o che molti ristoranti di sushi tradizionale lamentano la concorrenza della pizza dal momento che “i giapponesi mangiano solo quella ormai, e i nostri piatti nazionali ci rimettono” (dialogo presente nel film, ndA).
Nel frattempo il grande Rospo continua il suo viaggio inframmezzando le visioni di Tokio dall’alto con lunghe e profonde riflessioni. La fotografia e gli effetti speciali (debitori, per molti versi, dell’immaginario orrorifico giapponese) sono i veri protagonisti della pellicola. Attraverso i cambiamenti di stagioni e di paesaggi si svolge il viaggio di Mette nei luoghi letterari che diventano realtà attorno a lei.
Dreaming Murakami è un documentario atipico che in molti momenti si fa pura fiction, ma che, nonostante questo, non rinuncia al suo radicamento nella realtà, vera fonte d’ispirazione di tutte le storie narrate nei romanzi dell’autore giapponese. Così anche l’aspetto antropologico e sociologico della materia trattata non rinuncia al piacere del racconto e anzi, le due parti dell’opera si completano tra di loro senza che nessuna di esse prenda il sopravvento sull’altra, regalando così un prodotto che piacerà sicuramente sia allo spettatore appassionato delle storie fantasiose e misteriose, sia a quello che vuole scoprire il vero volto del Giappone e della sua letteratura e scoprire i segreti che si celano dietro il lavoro del traduttore.
Non resta, dunque, che seguire il Rospo e perdersi dietro di lui in questo viaggio affascinante e suggestivo. Sperando di non incontrare il Grande Verme.
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