Tra i vari eventi in programma al Biografilm Festival di quest’anno c’è stata anche l’anteprima italiana del film Ocean’s 8 sequel e spin-off del fortunato franchising cinematografico, ideato dal regista Steven Soderbergh, il cui capostipite è stato il film Ocean’s Eleven del 2001.
Film che annoverava, tra i vari nomi del cast, celebrità come George Clooney, Matt Damon e Brad Pitt.
È indubbio che la fama e il successo del film (e dei relativi sequel) erano dovuti in parte alla sceneggiatura brillante di George Clayton Johnson (in grado di unire caper movie e commedia) e alla regia studiata e precisa dello stesso Soderbergh, ma soprattutto al grande eco mediatico che il film suscitava per via del suo cast. In un solo film venivano concentrati una serie di star cinematografiche, in ascesa all’epoca, e alcuni bravi caratteristi che poi sarebbero diventati colonne portanti della saga (due su tutti: Elliott Gould e Shaobo Qin, non a caso presenti anche in questo film in due simpatici cammei).
Nell’ottobre 2015 l’ideatore della saga Steven Soderbergh annunciò che ci sarebbe stato un proseguimento della serie di Ocean ma stavolta da un punto di vista completamente diverso. Protagoniste, infatti, sarebbero state 8 attrici (la cui leader annunciata sarebbe stata Sandra Bullock nei panni di Debbie, un’ideale sorella di Danny Ocean), nei panni di una banda di criminali donne intente a progettare un grosso colpo. Stesso copione dei precedenti film, dunque, ma con la volontà di rinvigorire il franchise e di rendere meno “machista” la storia, in linea con la domanda crescente (già allora, ben prima dello scandalo Weinstein) di un ruolo più preponderante per le donne nelle saghe cinematografiche.
Così, affidata la regia del film a Gary Ross (mentre Soderbergh rimane ma solo come produttore), è nato Ocean’s 8.
Una scelta sicuramente coraggiosa, dal momento che esperimenti del genere non hanno avuto sempre un grande successo (si pensi solo all’ultimo Ghostbusters che partiva da premesse simili) soprattutto per via del fatto che la sensazione è sempre quella di operazioni fatte a tavolino per allargare il possibile target di pubblico con una retorica femminista da due soldi e una sceneggiatura scopiazzata a tavolino dal film originale.
Per fortuna Ocean’s 8 riesce, a fine visione, a dimostrarsi un prodotto genuino e coerente con i suoi obiettivi, non solo commerciali.
Tutto questo per merito soprattutto di una sceneggiatura rigorosa e serrata dove viene eliminato tutto ciò che non serve, facendo della semplicità (per quanto possibile essendo un film corale di 8 personaggi) il proprio punto di forza.
Il film inizia, infatti, subito in medias res con la detenuta Debbie Ocean (Sandra Bullock) che viene rilasciata per buona condotta con il proposito di poter rifarsi una vita migliore. Peccato che il vero proposito di Debbie sia tutt’altro: organizzare una mega-rapina in uno dei luoghi più sorvegliati e in vista del mondo: l’annuale Met Gala di New York!
Da qui in poi il film racconta esclusivamente la preparazione e la successiva esecuzione di questo piano apparentemente impossibile. Tutta la spiegazione di come avverrà la rapina è concentrata in poche battute, concentrandosi più sull’aspetto visivo del film che non su quello dialogico.
Allo stesso modo il reclutamento delle altre 7 co-protagoniste (Cate Blanchett, Mindy Kaling, Helena Bonham-Carter, Rihanna, Sarah Paulson, Awkwafina e Anne Hathaway) avviene man mano durante il film seguendo le varie fasi del piano. Questo potrebbe sembrare all’apparenza un voler rilegare il resto del cast in secondo piano, rispetto al ruolo preponderante della Bullock nella storia, in realtà è la maniera perfetta per rendere protagoniste tutte e 7 le rapinatrici che svolgono, ciascuna secondo le proprie abilità, una parte fondamentale del piano, riuscendo a ritagliarsi uno spazio anche per mostrare la loro psicologia e background. In particolar modo risultano molto riusciti i personaggi di Helena Bonham-Carter e Sarah Paulson, forse non a caso i due che hanno un vero e proprio percorso di formazione come storyline secondaria e interna a quella principale.
Il risultato è certamente un film femminista, nel senso più ampio e non superficiale del termine: un colpo del genere poteva essere affidato solo a delle rapinatrici donne e, grazie a questo escamotage, i motivi che spingono le protagoniste a partecipare al colpo non sono completamente a caso, ma rispondono a una logica precisa. Il cast di attrici poi si rivela perfettamente adeguato allo scopo mantenendo le proprie caratteristiche comportamentali senza dover per forza “scimmiottare” il cast maschile originario.
Anzi, la stessa retorica femminista viene ridicolizzata grazie a una battuta pronunciata dalla protagonista principale in cui viene ribadita l’importanza del piano “per tutte quelle bambine che sognano un giorno di diventare criminali“.
Dunque, a tutte le bambine che sognano un giorno di pianificare una rapina, ma anche semplicemente a chi si vuole godere un film di sano intrattenimento, consigliamo caldamente la visione di questo film.
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