A cinque anni di distanza dal memorabile Blancanieves, film muto che fece incetta di premi Goya nel 2012, lo spagnolo Pablo Berger torna al cinema con una nuova pellicola, anch’essa in bilico tra realtà e fantasia, finalmente giunta nelle sale italiane dopo quasi un anno di attesa. Carmen (Maribel Verdù, già presente in Blancanieves) è la moglie di Carlos (Antonio de la Torre), un uomo rude e scostante che ha ormai perso buona parte dell’amore che la moglie e la figlia Toñi (Priscilla Delgado) provavano nei suoi confronti. Durante uno spettacolo di ipnosi a cui la famiglia assiste, Carlos perde il controllo della propria personalità, sostituita da quella di Alberto (Quim Gutiérrez), un uomo malato di schizofrenia che nel 1983 commise l’omicidio della madre per poi suicidarsi. Le due personalità si alterneranno senza preavviso, mentre Carmen cercherà incessantemente di risolvere il problema.
C’è più di una buona ragione per paragonare Abracadabra a Blancanieves. Innanzitutto entrambi, come già scritto, nascono da un’ibridazione di realtà e fantasia: laddove il secondo rivisitava la fiaba di Biancaneve in chiave di dramma gotico, mettendo da parte la componente magica, il primo compie il processo opposto, introducendo l’elemento fantastico in un contesto realistico. I due film sono ovviamente legati anche dall’elemento dark presente in entrambi, nonostante Abracadabra giochi più sul versante della commedia nera rispetto al dramma puro di Blancanieves. Infine, ambedue le opere di Berger rappresentano dei grandi omaggi al passato: Blancanieves rimanda al cinema, muto e non, dell’età dell’oro di Hollywood, a livello sia estetico che contenutistico, con le sue didascalie, la fotografia in bianco e nero e le citazioni a capolavori quali Freaks (1932) di Tod Browning.
Abracadabra affonda invece le sue radici prevalentemente negli anni Ottanta, pur includendo anche riferimenti ai due decenni precedenti. Il modo più lampante con il quale lo fa è attraverso l’utilizzo della musica: Alberto, il cui spirito prenderà possesso del corpo di Carlos, in vita era un eccezionale ballerino e lo dimostrerà ballando con foga al ritmo di “Abracadabra” (1982) della Steve Miller Band, canzone che non a caso condivide il proprio titolo con quello del film, e romanticamente con “I’m Not In Love” (1975) dei 10cc. Anche lo spettacolo di magia durante il quale avviene la possessione è accompagnato da pezzi che rimandano ai decenni nominati, in particolare il tema musicale de L’Esorcista (1973), composto da Mike Oldfield, e “Così parlò Zarathustra”, composta da Richard Strauss nel 1896 ma indissolubilmente legata alla sua presenza nel leggendario 2001: Odissea nello spazio (1968) di Stanley Kubrick.
Abracadabra resta però un film notevole anche senza considerare tutte le similitudini viste finora. La sua essenza dissacrante si esprime più volte e in vari modi durante la narrazione, fin dalle prime sequenze, che vedono la famiglia prepararsi per un matrimonio, proprio nel giorno di una finale calcistica alla quale Carlos teneva moltissimo. Talmente tanto da ascoltarla di nascosto in chiesa con un auricolare per poi urlare dalla rabbia dopo un gol avversario, proprio nei momenti finali della cerimonia. A rito avvenuto il prete si avvicina a Carlos, ma non per rimproverarlo, bensì per chiedergli con aria preoccupata come fosse andata la partita: un dialogo divertente e inaspettato che permette di capire già nei primi minuti il registro del film. Il racconto della storia di Alberto da parte dell’agente immobiliare (Mario Alonso) che cerca di vendere la casa dell’assassino spicca come momento di black comedy, estremamente sopra le righe per l’argomento che sta affrontando. Quasi agghiacciante invece la sequenza dell’esorcismo di Alberto, praticata dall’istrionico Dr. Fumetti (José María Pou) e consistente nel trasferimento dello spirito di Alberto in un corpo moribondo. Per l’occasione viene scelto Mariano (Saturnino Garcìa), un malato terminale di cancro ricoverato in ospedale, che viene spogliato e vestito con un paio di mutande appartenute allo spirito mentre era in vita, secondo le regole del rituale. Quest’ultimo riesce, ma la resistenza opposta dallo spirito spinge Fumetti a prendere un cuscino e a premerlo contro il volto dell’anziano posseduto nel tentativo di soffocarlo, fortunatamente fallendo. Una sequenza nella quale il nero della commedia arriva a sovrastare del tutto quest’ultima.
Ciò che comunque Abracadabra si rivela essere, è un film sulla scelta. In questo caso la scelta è di Carmen, da anni insoddisfatta del proprio marito, che quando per uno scherzo del destino ottiene la possibilità di condividere la vita con un altro uomo, inizia a considerare seriamente l’idea. Del resto Alberto è affettuoso, intelligente, colto e appassionato, tutte qualità che a Carlos mancano. A rivelare la vera natura della trama è il finale, nel quale un secondo spettacolo di ipnosi fa convergere le coscienze di Carmen, Carlos (simbolicamente prigioniero di una camicia di forza) e Alberto in un unico spazio metafisico, nel quale essi possono interagire tra loro. Carmen a questo punto, armata di un coltello, può scegliere quale dei due uomini tenere al suo fianco per gli anni a venire. La donna sa già di non poter scegliere Alberto per i gravi problemi mentali di quest’ultimo e si trova, quasi a malincuore, a doverlo pugnalare. Il colpo di scena arriva però solo dopo il momento in questione, quando Carmen decide di andarsene da quel purgatorio, lasciandovi un Carlos incatenato e infuriato, per poi uscire dal locale con aria soddisfatta, sotto una pioggia purificatrice. Nonostante il perno delle vicende, colui dal quale nasce la trama, sia Carlos, la vera protagonista del film è Carmen: è lei a svolgere le scelte più rilevanti, è suo il dramma interiore che vediamo manifestarsi meglio nel film, è il suo personaggio ad avere l’evoluzione più marcata. La decisione che compie nel finale, scegliendo una terza via mai considerata prima, ci mostra l’importanza dell’essere unici padroni della propria vita, e l’idea che la felicità per sé stessi spesso si trovi al di fuori dei sentieri prestabiliti.
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